Nuove rivelazioni questa sera nel caso Vannini. La settimana scorsa avevano parlato i vicini del ragazzo di Ladispoli ucciso dal suocero Antonio Ciontoli.
Oggi, al giornalista de “Le iene” Giulio Golia, oltre a ricordare l’intervista fatta ai vicini di Ciontoli la settimana scorsa, dove a parlare per la prima volta è stata Maria Cristina, che abitava sotto la famiglia di Ladispoli e che la sera dell’omicidio di Marco Vannini dice di aver sentito tutto: “Sono stata vent’anni sotto una famiglia di assassini”.
“Alle 19 e 30 ho incontrato Marco, quando vedevano le partite, quella sera c’era Roma-Udinese, loro mangiavano fuori. Ho sentito tutte le loro voci. Ma non quella di Antonio”. Il colpo di pistola che ha ferito e ucciso Marco è partito nel bagno dei Ciontoli. Prima di quello sparo, ha dichiarato Maria Cristina, ci sarebbe stata una litigata: “Ho sentito discutere, poi è partito lo sparo. Un botto forte, ma soffocato, non mi sembrava un colpo di pistola”. Poi, ha detto la vicina, c’è stato silenzio. Nessuno parlava in casa dei Ciontoli, solo un continuo salire e scendere le scale, confusione.
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“Ho sentito Marco che diceva ‘scusa Martina’”, ha rivelato ancora Maria Cristina. Un dettaglio che viene confermato anche da altri vicini di casa. “Marco strillava veramente tanto, urlava, chiamava la madre disperato. Era insopportabile sentirlo. Chiamava la mamma”, racconta ancora la vicina. “Chi è che urla?”, avrebbe chiesto a Federico Ciontoli. “Marco si sente male, ma ci sono mamma e papà”, la risposta
Oggi hanno parlato i ragazzi del 118. I primi a trovare Marco oltre ai Ciontoli «Antonio mi è venuto incontro, mi disse che il ragazzo si era sentito male, colto da un attacco di panico. Era sdraiato per terra, con la testa rivolta verso le scale e le gambe alzate. Marco era cosciente, non rispondeva, lo sollecitavo. Lui non ce la faceva a parlare». «Quella sera parlò solo il signor Ciontoli, con Federico che annuiva e basta», prosegue Ilaria, che parla poi delle condizioni di Marco: «C’era un buchino piccolissimo, era pulito e asciutto, quasi cicatrizzato. Non c’era sangue». E ancora: «Mentre lo visitavamo, disse che potevano portarlo loro all’ospedale: hanno insistito come se volessero liquidarci. Avrei voluto fare tanto di più se ce lo avessero concesso, ci hanno ingannati». E c’è un dettaglio in più: durante l’intervento dei soccorritori, la moglie di Antonio Ciontoli ha chiamato i genitori di Marco e parla di una caduta dalle scale anziché attacco di panico. I soccorritori sottolineano che
«nessuno ci chiese di salire in ambulanza, riesce a dire solo ‘aiuto ragazzi, aiutatemi’. Non riusciva ad esprimersi, era solo una richiesta di aiuto»