L’omicidio di Rozzano ha un movente ben preciso e il delitto è legato a degli abusi sessuali molto gravi
Una vendetta familiare in piena regola quella dell’omicidio di Rozzano, il raid in scooter che sta facendo discutere tutti. I cittadini sono dalla parte dell’omicida, giustificandolo per il dolore provato dalla sua bambina.
Il delitto di Rozzano
Tutto è inziato alle ore 18 vicino al parco giochi di Rozzano, dove due persone in motorino hanno fatto qualcosa di inaspettato.
A.M. di 26 anni alla guida mentre il complice E.S – 34 anni – seduto dietro: quest’ultimo ha fatto cenno al suo amico di avvicinarsi al parcheggio. Dalle testimonianze emerse, avrebbero chiamato per nome un uomo che – dopo essersi girato – avrebbe ricevuto quattro colpi di pistola in pieno petto e volto.
Tutto davanti agli occhi di bambini e genitori che sono rimasti sotto shock per quanto avvenuto: immediato l’arrivo dei soccorsi e dei carabinieri, ma per la vittima non c’è stato più nulla da fare.
La testimonianza dell’omicida
I due uomini che hanno commesso l’omicidio si sono sentiti braccati e hanno deciso di costituirsi ai Carabinieri, raccontando la loro versione.
La vittima di 68 anni, A.C era l’ex suocero dell’omicida è stato ucciso per vendetta:
“l’ho ammazzato io, aveva molestato la mia bambina”
Chiarendo che il complice non fosse coinvolto nella vicenda, senza sapere le reali intenzioni del suo amico.
L’interrogatorio, condotto dal PM Monia Di Marco, ha avuto una durata di oltre sei ore, al termine dei quali entrambi gli uomini sono stati sottoposti a fermo.
Una volta usciti dalla caserma, per essere trasportati in carcere, sono stati accolti da un grande applauso di familiari e amici.
Le molestie sulla piccola
Secondo le indiscrezioni ci sarebbe una denuncia per molestie sulla piccola bambina di nove anni, che aveva trovato il coraggio di dire tutto alla sua mamma dopo due mesi di soprusi e paura.
In seguito si era aperto un procedimento penale ai danni dell’uomo, su cui c’è massima riservatezza in merito. Quando il padre della bambina era venuto a sapere dell’episodio, aveva deciso di vendicarsi e “fare giustizia” – erano stati proprio i familiari ad aver impedito ogni tipologia di azione compromettente.