Sindrome dell’abbandono, scopriamo come le fragilità nell’infanzia si ripercuotono nell’età adulta.
La sindrome dell’abbandono è una condizione sentimentale che suscita disagio emotivo e può divenire un vero e proprio disturbo psichico che caratterizza alcune personalità.
Che cosa è la sindrome dell’abbandono
Questa patologia è la paura di perdere una persona e di rimanere da soli. Ad essa sono legati un insieme di sintomi che vanno dal disagio alla paura fino all’angoscia.
Innescati dall’assenza dell’altro, verso cui si è strutturata una vicinanza affettiva, vissuta come un’esperienza di lutto. Vivere esperienze di questo tipo, soprattutto nella fanciullezza crea e mantiene un senso di inquietudine nel corso dell’esistenza.
Uno stato di profonda insicurezza e sfiducia si diffonde verso l’altro inficiando le relazioni future. L’altro viene visto e considerato inaffidabile, ogni comportamento è letto in modo disfunzionale con conseguenti vissuti di rabbia e tristezza.
Le cause di questa fobia vanno ricercati nella fase iniziale della vita del bambino.
Lo sviluppo umano sano richiede che siano soddisfatti i bisogni di attenzione fisica ed emotiva.
Di conseguenza, le privazioni possono provocare sentimenti di desolazione. Di fatto sperimentare l’assenza può diventare un evento traumatico per la persona.
Un certo grado di paura della perdita può essere funzionale, ma diviene patologico quando si trasforma in terrore ed inizia a influire sulle relazioni.
Paura nei bambini e negli adulti
La sindrome dell’abbandono può manifestarsi durante l’infanzia o nell’età adulta.
I più piccoli possono sperimentarla nelle relazioni genitoriali disfunzioni, che a loro volta potranno mettere in atto d’adulti.
Ogni bambino stabilisce, nel primo anno di vita, un suo personale stile di attaccamento in base alla qualità della relazione con la figura materna o caregiver.
Sostanzialmente si possono individuare quattro fasi, attaccamento sicuro, insicuro – ambivalente, insicuro – evitante, disorganizzato.
Lo stile di attaccamento che si sviluppa dipende, in buona sostanza, dalla capacità del caregiver ovvero della persona che se ne prende cura (madre, padre o altri).
Quest’ultimo deve rispondere in modo sufficientemente buono, alle richieste di presenza, vicinanza, supporto nei momenti di stress del fanciullo.
Dal suo riuscire di essere base e porto sicuro, in grado di assicurare un adeguato nutrimento sia fisico che emotivo, fatto di protezione, senso di sicurezza, comprensione, calore e ascolto dipenderà la persona che sarà d’adulto.
Gli adulti che non hanno avuto esperienze di abbandono quando erano bambini possono comunque sperimentare dei sentimenti associati all’argomento.
Ciò può essere dovuto alla perdita di un partner a causa di separazione, divorzio o morte.
Ad ogni modo, l’impatto può influenzare negativamente qualsiasi relazione che la persona sviluppi, sia essa intima, sociale o professionale.
Come affrontare e superare la sindrome
La paura o il timore di rimanere soli, privi di un legame affettivo, senza che nessuno si occupi e preoccupi dell’altro risulta essere abbastanza comune ma la maggior parte ci convive senza nessuna conseguenza specifica.
Quando questa preoccupazione non viene gestita si trasforma in una vera e propria sindrome attraverso la manifestazione di un forte disagio che può portare dall’angoscia alla depressione.
Nella normalità, per affrontare e superare la ferita dell’abbandono bisogna prestare particolare attenzione al tono dell’umore e alla fiducia in se stessi.
Mentre, nei casi più invalidanti, risulta necessario quando il dolore e la sofferenza sono incontenibili rivolgersi al personale medico qualificato, per l’elaborazione del vissuto emotivo.
Ci si sente emotivamente dipendenti dall’altro e non si tollerano le separazioni, anche brevi, a causa della paura di perdere il legame di intimità.
Comunque questo processo necessita di un tempo più o meno lungo per essere portato a termine.
Lo scopo arriverà ad avere la consapevolezza che vivere una relazione sana significa dare alla propria identità la possibilità di manifestarsi e non annullarsi nei confronti dell’altro per paura di perderlo e per esserne accuditi.