A due mesi dal ritrovamento del corpo di Stefano Marinoni, continuano le indagini e i dubbi della famiglia
L’autopsia non ha ancora chiarito le dinamiche della morta di Stefano Marinoni. La famiglia esclude l’ipotesi del suicidio.
Caso Stefano Marinoni, i fatti di quella sera
Il 12 luglio 2019, nelle vicinanze di un traliccio, in un’area verde tra Arese e Rho, viene trovato un corpo senza vita. Si tratta di Stefano Marinoni, ventiduenne di Baranzate, nell’hinterland di Milano, scomparso il 4 luglio dopo un allontanamento volontario dall’abitazione che condivide con la famiglia.
Quel giorno, prima di scomparire, Stefano aveva fatto ritorno dal lavoro, e, dopo essersi lavato e rivestito, era uscito alle 19.30. Aveva preso le chiavi della sua auto e aveva salutato la madre, avvisandola che avrebbe incontrato degli amici a Novate Milanese per pochi minuti. Secondo le sue stime, sarebbe tornato a casa dopo venti minuti.
Stefano, invece, non farà più ritorno nella sua casa, e, atteso per otto giorni da i famigliari in angoscia, verrà tragicamente trovato morto in un campo.
Le indagini a due mesi dalla morte di Stefano
Dopo due mesi dal ritrovamento del corpo di Stefano, la morte del giovane ventiduenne di Baranzate è avvolta ancora nel mistero. I carabinieri della Compagnia di Rho e del Nucleo Investigativo di Milano stanno ancora indagando per scoprire se si è trattato di un suicidio o di un omicidio.
Oltre alle autorità competenti, anche l’autopsia non è riuscita a far luce sulla vicenda. Nel frattempo, i genitori di Stefano continuano a smentire l’ipotesi del suicidio, ma a non credere neppure che qualcuno possa aver ucciso il giovane, descritto come volenteroso, sereno e felice.
A tal proposito, il padre di Stefano ha dichiarato:
“Se ci fosse stato qualche problema ne avrebbe parlato con noi o con le sorelle. L’unica cosa che mi è sembrata strana è che quella sera avesse dimenticato a casa i documenti e il portafoglio, era un tipo preciso e sempre attento alle sue cose”.