Dopo 22 anni d’omicidio di Marta Russo e nonostante le condanne definitive, le dinamiche del delitto rimangono ancora un mistero
Tra i dubbi sull’omicidio Marta Russo, quelli sul movente del crimine e sull’arma del delitto utilizzata per uccidere la giovane studentessa.
L’omicidio di Marta Russo
È il 9 maggio 1997, quando, poco prima di mezzogiorno, Marta Russo, 22 anni, studentessa in giurisprudenza alla Sapienza di Roma, viene raggiunta da un colpo d’arma da fuoco. Morirà in ospedale 5 giorni dopo.
Vengono condannati in via definitiva per omicidio colposo aggravato Giovanni Scattone, assistente all’Università in Filosofia del diritto, e il suo collega Salvatore Ferraro per favoreggiamento.
Nonostante la condanna, però, la dinamica e il movente del delitto restano ancora oggi, a distanza di 22 anni, un mistero.
Il mistero sulla morte
Uno dei maggiori dubbi è quello relativo all’arma del delitto, che non venne mai trovata. Nonostante la mancanza dell’arma, Ferraro fu comunque accusato al processo di detenzione illegale di arma da fuoco, Liparota venne condannato a 4 anni per favoreggiamento e poi assolto in Cassazione, Scattone identificato come l’autore materiale del delitto, e condannato in via definitiva a 5 anni e 4 mesi.
Tutti si sono sempre dichiarati innocenti ed estranei ai fatti.
Il caso di Marta Russo venne chiuso con queste condanne, ma ancora oggi dopo 22 anni i dubbi rimangono, anche quelli della famiglia di Marta.
Il giornalista Vittorio Pezzuto ha studiato le indagini e il processo e ne ha scritto un libro dal titolo “Marta Russo – Di sicuro c’è solo che è morta“. Lo ha pubblicato da solo perché, a suo dire, diversi editori temevano le citazioni in giudizio o uno scarso interesse da parte del pubblico.
Ancora oggi si parla del caso di Marta Russo, la cui dinamica di morte non è ben definita, ma di cui sappiamo quello che dovrebbe maggiormente interessare: una ragazza di 22 come tante altre venne uccisa, mentre camminava fra i viali della sua Università.