Giulio Regeni: una nuova promessa arriva dalla procura del Cairo all’ambasciatore italiano
Riprende il dialogo tra le Procure del Cairo e di Roma sulla morte di Giulio Regeni.
La misteriosa morte di Giulio Regeni
Il giovane ricercatore friulano, 28 anni, venne trovato senza vita il 3 febbraio 2015 in un fosso nella periferia del Cairo, sulla via per Alessandria. Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge. L’ultimo avvistamento di Giulio lo vedeva presso la fermata della metro in attesa di un amico. Il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, Giulio Regeni venne rapito.
Le condizioni del corpo di Giulio fecero subito pensare che non si trattasse di una semplice rapina. Il giovane ricercatore aveva sette costole rotte, segni di scosse elettriche sui genitali e tagli inferti con lame su tutto il corpo.
La svolta arriva quando Sharif Magdi Abdelal, 35 anni, ufficiale della National Security egiziana, confessa ad un collega straniero, durante una cena, di aver partecipato al rapimento e alle percosse di Giulio Regeni. A rendere nota la conversazione tra il poliziotto ed il collega sarebbe sarebbe stato un testimone, seduto nel tavolo accanto al suo durante la cena.
La nuova promessa della Procura egiziana
Una nuova promessa arriva oggi dalla Procura del Cairo. Il Procuratore del Cairo, Hamada Al Saiwi, si dice pronto a far ripartire il dialogo con i magistrati di Roma sull’omicidio del giovane ricercatore.
Nella lettera che il Procuratore generale egiziano ha inviato all’ambasciatore d’Italia al Cairo, Giampaolo Cantini, Al Saiwi si dice:
“Lieto di invitare il signor Procuratore capo della Repubblica di Roma e chi tra i membri della Procura egli desidera coinvolgere nell’incontro”.
Una spinta verso il dialogo era arrivata anche dal Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che lo scorso ottobre aveva incontrato la famiglia del giovane ricercatore italiano alla Farnesina.