Isabella Ferrari, intervistata da Vanity Fair, rivela il dramma della sua malattia, un male raro: ‘Da due anni in ospedale per fare una terapia pericolosa’
Isabella Ferrari, all’anagrafe Isabella Fogliazza, è una delle icone del cinema italiano, da tutti ricordata come la ‘Selvaggia’ di ‘Sapore di mare’ celebre commedia all’Italiana del 1983.
Nella sua ultima intervista a Vanity Fair ha parlato a cuore aperto della rara patologia da cui è affetta, e delle terapie pericolose a cui è costretta a sottoporsi da ben due anni. Scopriamo di più.
Isabella Ferrari: ‘Una mattina mi sveglio e non riesco più a muovere le gambe’
L’attrice italiana, racconta al giornalista di Vanity Fair, il giorno in cui comprese che qualcosa non andasse, e da li il calvario delle ‘visite e delle diagnosi’:
‘Qualche anno fa succede che una mattina mi sveglio e non riesco più a muovere le gambe’
poi aggiunge:
‘Tutto è precipitato in fretta. Inizia il calvario delle visite e delle diagnosi’
poi prosegue rivelando che anche i migliori ospedali all’estero, non sono riusciti a diagnosticarle subito il male da cui era affetta.
Ferrari: ‘Non posso fare il nome del mio raro male’
L’intervista prosegue, arrivando alla notte in cui fu necessario il ricovero dato il grave malessere i i ‘dolori accecanti’.
Li incontrò un noto medico romano, che riuscì a diagnosticarle il male da cui era affetta e di cui si rifiuta di dirne il nome, per evitare che chi legga, vada su internet e ne resti spaventata o giunga a conclusioni troppo affrettate leggendone i sintomi, poi prosegue:
‘il medico suggerisce una terapia importante e pericolosa, qualcosa che poteva funzionare solo in una percentuale di casi. Io decido di non farla e parto per Pantelleria. Ero lucidissima, quell’estate, per via delle dosi di cortisone’
e ancora continua:
‘ogni tanto provavo a preparare al peggio i miei figli. Poi la situazione peggiora, mi riportano a Roma d’urgenza e inizio la terapia. Ogni mattina, per due anni, sono andata in quell’ospedale’
e poi conclude, rivelando di essere sopraggiunta alla fine di tutto ad una particolare conclusione, soprattutto dopo aver sperimentato già il dolore e la depressione quando era ragazza, ovvero che non è la paura di morire ma quella di vivere a ‘fregarti’.