Hibakujumoku sono degli straordinari alberi che sono sopravvissute alle bombe atomiche sganciate sul Giappone
Come ben sappiamo, una delle più brutte pagine della Seconda Guerra Mondiale è stata scritta col lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. Dopo questa tragedia le città, gli abitanti sono sopravvissuti e con loro anche moltissimi alberi e piante. Per definire queste ultime i giapponesi hanno coniato il termine Hibakujumoku, un termine che nasce dall’unione di hibaku che significa bombardato e jumoku che significa albero o bosco.
Hibakujumoku, la storia di questi esemplari straordinari
A Hiroshima l’albero che detiene il record di tenacia è un salice piangente Salix babilonica. Si trova a circa 370 metri dal punto dove si pensa ci sia l’ipocentro ovvero dove l’ordigno nucleare sganciato dall’Enola Gay avrebbe toccato il suolo. L’albero è rimasto bruciato totalmente, ma le radici si sono salvate sotto terra e il salice è ricresciuto. Moltissime sono le specie coinvolte in questo fenomeno, rappresentano una rivalsa della natura.
In Giappone gli Hibakujumoku vengono quasi venerati dalla popolazione, che solitamente si reca in pellegrinaggio laico per incontrarli e trarre un importante insegnamento da loro.
Oltre al salice, molto famosi sono un gingko Gingko biloba, un pino nero giapponese Pinus thunbergi e un muku Aphananthe aspera. Si tratta di tre specie molto diffuse nei giardini classici giapponesi. Molto interessanti sono anche un albero della canfora Cinnamomum camphora, un agrifoglio di Kurogane Ilex rotunda e una peonia Paeonia suffruticosa.
Il gingko è vistosamente piegato in direzione del centro città, il pino nero ha una cicatrice sul fusto. Gli alberi sono venerati, amati e rispettati, quasi come delle divinità. Gli anziani e le persone parlano con loro, altri li abbracciano oppure s’inchinano d’innanzi a loro con profondo rispetto. Questi alberi e piante sono simbolo della resilienza, cioè resistenza ad ogni avversità e la bellezza della natura.