Mamme lavoratrici: le donne potranno lavorare fino al nono mese di gravidanza e prendere il congedo di maternità obbligatorio di 5 mesi dopo il parto
L’INPS ha chiarito in una circolare che le neomamme, che vorranno lavorare fino al nono mese, dovranno presentare istanza prima dei due mesi che precedono la data presunta del parto.
È necessario un parere medico che certifichi che sia la mamma che il bambino stanno bene e il lavoro non arreca alcun danno al nascituro.
Fino ad oggi le istanze giunte sono state sospese in attesa dei chiarimenti.
Mamme lavoratrici: sì al lavoro fino al nono mese, ma non deve arrecare alcun pregiudizio
Nella Legge di Bilancio 2019 viene riconosciuta alle lavoratrici la facoltà di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto entro i cinque mesi successivi allo stesso, a condizione che lo svolgimento dell’attività lavorativa non arrechi alcun pregiudizio alla salute della gestante e del nascituro.
La documentazione sanitaria deve essere acquisita dalla lavoratrice nel corso del settimo mese di gravidanza.
Le certificazioni che contengono il solo riferimento alla data presunta del saranno ritenute idonee a consentire l’espletamento dell’attività lavorativa fino al giorno antecedente alla data presunta del parto.
Nel caso di parto successivo alla data presunta i giorni tra la data presunta e il parto
“sono conteggiati nel congedo di maternità ma non possono essere indennizzati in quanto regolarmente retribuiti dal datore di lavoro e coperti sul piano degli obblighi contributivi“.
Lavoro e insorgenza di gravi complicanze
L’insorgere di un evento morboso prima dell’evento del parto, tra il settimo e il nono mese, comporta l’impossibilità di avvalersi della possibilità.
La lavoratrice può rinunciare alla scelta di avvalersi di tale opzione solo prima dell’inizio del periodo di congedo di maternità ante partum.
Pertanto, i periodi ante partum lavorati prima della rinuncia saranno calcolati come periodo di maternità, ma non saranno indennizzati.