Economia dell’Italia Settentrionale messa in ginocchio dall’epidemia del coronavirus
Possibili perdite per 18 milioni al giorno: è questa la stima del mancato incasso da parte degli esercizi commerciali e dalle attività commerciali del Nord Italia, a seguito delle misure restrittive disposte dalle autorità.
L’allarme coronavirus sta spaventando il Settentrione Italiano già blindato in attesa di conoscere i nuovi numeri delle vittime e dei contagiati.
L’epidemia coronavirus sta facendo tremare l’economia del Settentrione italiano: i danni economici derivanti dalla chiusura dei negozi e delle attività commerciali potrebbero rivelarsi enormi e potrebbero mettere in ginocchio l’economia del “motore” d’Italia.
Infatti, basti pensare al fatto che Lombardia e Veneto hanno un “peso” del 31% sul PIL italiano per un valore di 550 miliardi di euro.
Da oggi, con la mancata riapertura di diversi uffici, negozi ed esercizi commerciali nelle aree dei focolai di contagio, l’Italia comincerà a contare i danni economici cagionati dal coronavirus.
Come riporta Repubblica, al momento è impossibile ipotizzare una reale stima dei danni economici, ma la posta in gioco è veramente alta.
Si pensi solo al fatto che le aziende e le attività presenti nei due Comuni finiti in quarantena, Codogno e Casalpusterlengo, fatturano oltre 1,5 miliardi l’anno.
La chiusura delle attività di business manda in fumo oltre 4 milioni di entrate, e se le misure restrittive fossero estese anche alla provincia di Lodi, i danni economici potrebbero arrivare a quota 18 milioni di euro.
Veneto e Lombardia sono le due regioni d’Italia ad essere maggiormente colpite perché valgono da sole 550 miliardi del PIL nazionale e da qui parte il 40% delle esportazioni.
Milano: danni economici in occasione della settimana della moda
I primi danni economici si sono già fatti sentire in occasione della settimana della moda milanese.
Rispetto allo scorso anno il numero di acquirenti cinesi è decresciuto di oltre mille unità: si tratta di un calo dell’80%.
Le vendite di abiti griffati, gioielli e profumi valgono circa il 12% del PIL milanese e le vendite della Cina un quarto di questa cifra.