Coronavirus, le parole spaventose del radiologo guarito: “Credevo di morire, statevene a casa”

Il radiologo guarito da Coronavirus racconta la sua terribile avventura e di cerca di sensibilizzare tutte le persone a non compiere atti che portano solo a peggiorare la situazione.

Coronavirus, le parole spaventose del radiologo guarito: "Credevo di morire, statevene a casa"
Coronavirus – Fonte: Pixabay

Un radiologo guarito dal coronavirus racconta la sua battaglia e la sua paura di morire, tra le pagine del TgCom24.

Le parole spaventose del radiologo Carlo Giussani

Carlo Giussani è un tecnico radiologo ed è stato uno delle prime persone che si sono ammalate a Cremona, dopo il paziente 1 di Codogno e prima ancora che la diffusione in Italia diventasse così grave.

Lascia le sue parole al TgCom24, per raccontare non solo la sua grande odissea ma anche per sensibilizzare tutte le persone che ancora non si sono rese conto di quanto sia importante stare a casa:

“io sono sopravvissuto, ma la realtà è che sembra di svuotare il mare con il cucchiaino. non so dire come io l’abbia contratto, ma sono stato tra i primi casi e ho pensato di morire”

Nella sua mente tornano lucidi i ricordi di tutte quelle polmoniti anomale e degli addetti ai lavori che non sapevano cosa stesse per accadere. Giussani è stato per 15 giorni ricoverato tra pneumatologia e infettivologia e ora dimesso.

Dovrà stare in quarantena ancora 10 giorni, attendendo i risultati degli ultimi due tamponi che si spera diano esito negativo:

“avevo dei classici sintomi influenzali ed era strano perché ero vaccinato”

Il tampone gli è stato fatto perché rimasto a contatto con un paziente deceduto positivo al Covid 19:

“ma non collego il mio contagio a lui: ad un certo punto ho pensato che fosse stata la mia compagna ad ammalarsi per prima”

I momenti più duri della malattia: “Ho pensato di morire”

Giussani racconta quei momenti bui e il fatto di essere sempre rimasto cosciente:

“mentre sei con la ventilazione forzata non aiuta. hai tempo di pensare, a riflettere anche sul fatto che quel respiro può essere l’ultimo”

Racconta di aver desiderato di stringere la mano alle persone che amava e guardar loro negli occhi:

“È stato angosciante anche solo sentire le macchine in azione. il virus non guarda in faccia nessuno”

Impostazioni privacy