Con l’arrivo della fase due ci si interroga anche sulla vacanza. Vediamo cosa ne pensano gli italiani, secondo un’indagine di Confturismo e Confcommercio.
La fase due non permetterà ancora le vacanze. Ma quale sarà il futuro post coronavirus?
L’indagine di Confturismo
Da domani, si darà il via alla tanto attesa fase due che non significherà vacanza. Le restrizioni, infatti, continueranno ad esserci, come pure i divieti come, ad esempio, quello di viaggiare per piacere.
Da un’indagine messa in campo da Confturismo e Confcommercio, è emerso che circa la metà degli italiani non ha voglia di andare in vacanza. Complice la paura per il coronavirus ma anche i portafogli delle famiglie italiane, prosciugati da due mesi senza lavoro.
L’indagine ha messo in luce che, anche chi potrà permettersi una vacanza, preferirà rimandare. Le uniche uscite, che molti italiani si concederanno, saranno mirate allo stare, quanto più possibile, all’aria aperta. Le mete resteranno quelle poco lontano dalla propria abitazione.
Paura dei rischi
Dall’indagine è emerso anche che, se a marzo gli italiani preoccupati per la pandemia erano l’86%, ad aprile sono diventati l’80%. Se a marzo coloro che dichiaravano di non voler andare in vacanza erano il 53%, ad aprile erano il 57%. Per molti, dunque, si tratterà di weekend fuori porta, o brevi uscite.
Soltanto un 20% della popolazione ha dichiarato di essere pronto a ripartire non appena sarà possibile. Benché il 15% abbia paura per le proprie finanze e l’8% abbia paura di non potersi esimere dal lavoro.
Tra le altre tendenze evidenziate dall’indagine, spicca il calo della voglia di fare acquisti o comprare regali una volta in vacanza. Un po’ per la paura di ritrovarsi in mezzo alla gente, un po’ per i problemi finanziari.
Rischia di venire a mancare, dunque, anche la trasversalità dell’economia turistica. Luca Patanè presidente di Confturismo-Confcommercio, come si legge su TgCom24, ha commentato:
“In questa situazione non intervenire subito e con strumenti efficaci a supporto delle attività del settore e dei consumi, con una manovra sincronizzata su più fronti, vuole dire negare i fondamentali dell’economia e non avere assolutamente chiaro quali sono davvero i settori strategici nel nostro sistema Paese”.