Allo studio della Prefettura di Milano la possibilità di affidare una protezione a Silvia Romano, la cooperante italiana rapita in Africa nel 2018.
Insulti e minacce sui social: la volontaria rientrata a Milano la scorsa domenica potrebbe avere una scorta. Trovato anche un volantino contro Silvia Romano a pochi metri dalla sua abitazione.
La conversione di Silvia Romano
Ha fatto rientro a casa la scorsa domenica, dopo 535 di prigionia in Africa, trascorsi tra la Somalia ed il Kenia, la cooperante italiana rapita nel novembre 2018, mentre prestava servizio in un orfanotrofio, per l’Associazione Africa Milele.
Un rientro a casa che le è costato numerosi insulti, soprattutto per la conversione all’Islam, da lei stessa confermata.
La cooperante ha raccontato come la decisione di cambiare religione sia maturata durante il periodo di prigionia, ma nessuno l’avrebbe forzata verso quella scelta.
Silvia avrebbe chiesto un libro ed ha ricevuto il corano. Sarebbe maturata in lei una nuova consapevolezza, un percorso interiore culminato con la Shahada, il rito della testimonianza di fede.
Le minacce sui social
La cooperante è finita nel mirino del web per via della sua conversione alla religione islamica. Rientrata nel quartiere Casoretto di Milano, dove vive insieme alla madre e alla sorella, Silvia Romano deve ora restare due settimane in isolamento, come prevedono le nuove normative anti-contagio.
Come riferisce anche Il Giornale, in queste due settimane la Prefettura valuterà se affidarle una qualche tutela, fissa o mobile, dopo le minacce ricevute sul web, al suo rientro in Italia.
Al momento, in attesa della decisione, davanti alla sua abitazione, ci sono diverse auto di Polizia e Carabinieri.
Nel pomeriggio di ieri, nel suo quartiere, è stato rinvenuto un volantino, in cui veniva criticato il pagamento del riscatto per salvare una vita, quella di Silvia appunto, mettendone a rischio molte altre.