Le piste ciclabili sono la nuova frontiera del green nelle città, soprattutto ora che dobbiamo contenere la pandemia. Averle sarà il nuovo diritto/dovere dei cittadini?
Prima della pandemia le piste ciclabili erano considerate un obiettivo importante per molte amministrazioni. Ora, vista la necessità del distanziamento sociale e la scarsa capacità dei mezzi pubblici, ci si è visti obbligati a correre ai ripari. Un esempio è Londra, dove la city è diventata un’area ciclo-pedonale enorme o dando incentivi come in Italia per l’acquisto di auto e monopattini.
Cosa sono le piste ciclabili?
Si tratta di percorsi esclusivamente dedicati alla percorrenza di bici, che si può fare in piena sicurezza. Secondo le nome contenute nel Codice della Strada che detta all’art 182 la definizione:
“parte longitudinale della strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi.”
Mentre quelle ciclopedonali, prevedono la presenza dei pedoni, mentre le biciclette sono ospiti che devono circolare a bassa velocità prestando attenzione ai pedoni.
In ambedue i casi, si tratta di percorsi urbani che puntano a far circolare i ciclisti nella massima sicurezza. Circolare sulle piste ciclabili o sui percorsi ciclopedonali è obbligatorio dove esistenti. Se non si ottempera si è sanzionabili con una multa che va dai 25 ai 100 euro.
Esistono diversi tipi di piste ciclabili, fondamentalmente hanno un solo senso di marcia o due. Inoltre possono essere urbane o extraurbane, spesso sono percorsi turistici. Infine le possiamo dividere per tipologia:
- piste ciclabili in sede propria: sono paralleli alle strade aperte al traffico automobilistico, separati dalla sede stradale tramite da cordoli o marciapiedi
- promiscua urbana: sena barriere fisiche per dividere dalla carreggiata ed abbiamo un percorso per pedoni e ciclisti.
- piste ciclabili con separazione ottica o corsia: nessuna separazione fisica, solo segnaletica verticale o orizzontale a separare carreggiata e pista.
- piste ciclabili sul marciapiede: quando il marciapiede è sufficientemente grande, nella parte esterna si ricava la pista ciclabile e nella parte interna quella pedonale.
- percorsi ciclo-pedonali non urbani: spesso sono dei percorsi turistici in mezzo al verde, dove non possono accedere i veicoli a motore.
Realizzare i percorsi ciclabili e accessibilità
Ovviamente i materiali impiegati variano dal luogo in cui si costruirà la pista. Se siamo in ambiente urbano è quasi certo che verranno impiegati asfalto, calcestruzzo o mattonelle autobloccanti, mentre in ambito extraurbano, potremo avere terra battuta o sterrato. Si deve garantire che il percorso:
- debba essere privo di buche e fosse,
- buona illuminazione, correttamente indicato e visibile,
- manutenzione quando serve e cura della segnaletica orizzontale o verticale.
Non possono accedere i veicoli a motore di nessun tipo, ma devono circolare biciclette elettriche, normali a pedalata assistita, skateboard, monopattini…e se ciclopedonali anche i pedoni.
Per quanto riguarda la mobilità elettrica, possono inoltre circolare hoverboard, monopattini elettrici, segway e monowheel noti anche come microveicoli elettrici. Dal luglio 2019, anch’essi devono circolare utilizzando le piste ciclabili. A stabilire le regole è stato il cosiddetto decreto Toninelli stabilisce che potranno circolare sui percorsi ciclabili, pedonali o promiscui urbani, zone a 30 Km/h, previa delibera comunale.
Ogni mezzo dovrà avere:
- illuminazione o illuminazione catarifrangente, nel caso sia privo non potrà circolare dopo il tramonto
- dopo il tramonto per il segway e il monopattino elettrico, se si circola su strada o su pista indossare un giubbotto o bretelle catarifrangenti
- segnalatore acustico,
- motore elettrico con potenza non superiore ai 500 Watt.
Ovviamente ogni mezzo dovrà avere la marchiatura CE, rispettando la direttiva europea 2006/42/CE. Nelle aree urbane i mezzi monoruota, segway e hovverboard non possono superare i 6 Km all’ora. I monopattini e le bici elettriche non possono superare i 20 Km/h.