Gli inquirenti sono alla ricerca di una chat tra Andrea Dini e Attilio Fontana in cui si faccia riferimento ai 25mila kit sanitari non consegnati alla Aria S.p.a.
Non si fermano le indagini su Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia, coinvolto nell’inchiesta camici bianchi. Il nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza avrebbe proprio in questi giorni iniziato una perquisizione ai danni del cognato dell’uomo, ossia Andrea Dini. Dini è infatti il titolare della Dama S.p.a., una delle aziende coinvolte nell’operazione.
Fontana è accusato di frode delle pubbliche forniture
L’ipotesi è quella di frode delle pubbliche forniture, nello specifico, in questo caso, la mancata fornitura dei restanti 25mila camici pattuiti alla Aria S.p.a. La fornitura pattuita all’inizio, infatti, prevedeva una consegna di 75mila camici e 7mila kit sanitari al prezzo di fabbricazione di € 513.00.
Il titolo della transazione sarebbe cambiato da fornitura a donazione
La transazione, inoltre, sarebbe stata modificata da Fontana il 20 maggio tramite mail in una semplice “donazione”. Quest’ultima però, mai accettata dall’Aria S.p.a., anche per via delle perplessità suscitate nel proprio team legale, oltre per la mancata consegna del resto dei camici.
Come si è venuto a sapere lo scorso 17 maggio, fu lo stesso Fontana a chiedere a suo cognato di modificare il titolo della transazione da fornitura a donazione. Manovra che avrebbe aiutato il governatore della Lombardia ad occultare l’operazione agli occhi della stampa.
Fontana, inoltre, avrebbe tentato di risarcire suo cognato con la cifra di 250mila euro, provenienti dal suo conto svizzero. Anche in questo caso il governatore però ha rispedito le accuse al mittente:
“Il conto non era operativo da decine di anni, penso almeno dalla metà degli anni ‘80”
A smentire immediatamente la dichiarazione di Fontana ci ha pensato l’Agenzia dell’Entrate, pubblicando una newsletter in cui vengono mostrati tutti i movimenti del conto negli ultimi anni.