Il Decreto semplificazioni non pensa alla tutela ambientale e bonifiche

Il Decreto semplificazioni non contiene norme che prevedano il risanamento dei territori, tutela ambientale e coinvolgimento dei cittadini in questi processi.

Il Decreto semplificazioni non pensa alla tutela ambientale e bonifiche

Il Decreto Semplificazioni non punta sulla tutela ambientale. In esso troviamo delle disposizioni che bloccano o ritardano le bonifiche di siti inquinati. Altro punto a sfavore di questo Decreto è che il tempo della partecipazione dei cittadini alle procedure Valutazione di Impatto Ambientale è stata dimezzato.

Le principali critiche

Molte sono le criticità riportate all’interno del dossier di analisi “Decreto Semplificazioni, così sono devastazioni” stilato da 160 associazioni e comitati di livello nazionale e interregionale. Tra gli intervenuti troviamo Isde-Associazione Medici per l’Ambiente e Medicina democratica Onlus.

Il dossier è stato inviato ai parlamentari italiani, nessuno escluso. Non contiene esclusivamente critiche, ma anche 34 proposte di modifica per migliorare il testo normativo. Si desidera mantenere forte la legislazione ambientale, che ne risulta indebolita, soprattutto in tema di bonifiche dei siti fortemente inquinati in Italia.

Come ha spiegato Augusto De Sanctis, del Forum H20 al sito Linkiesta:

“Con l’articolo 53 comma 4-quater la bonifica delle acque sotterranee può sostanzialmente venire addirittura bypassata con la previsione di poter ottenere il certificato di avvenuta bonifica anche per il solo suolo.”

Questo comporta che chi inquina potrebbe limitarsi a bonificare esclusivamente la parte di terreno superficiale, senza arrivare fino alle falde acquifere. Si tratta di un procedimento meno oneroso, che non ha vincoli di garanzie finanziarie. Quindi se chi ha inquinato dovesse fallire, questo onere passerà allo Stato che dovrà provvedere e pagare i relativi costi della bonifica.

Si viene meno al principio “chi inquina paga”, permettendo una bonifica parziale e svuotando le norme di tutela nate nel 2014. De Sanctis procede nel discorso:

”Non importa quindi se stiamo parlando dei Siti di interesse nazionale (Sin), dei luoghi riconosciuti come i più inquinati d’Italia, il decreto prevede che si agisca come se si trattasse di un sospetto di inquinamento in qualsiasi altra area del paese. Chi ha inquinato deve solo presentare, invece dell’analisi approfondita e puntuale dell’area, una più semplice e blanda “indagine preliminare”, con un campionamento a maglie larghe per valutare i livelli di contaminazione.”

Altri obblighi

Si aggiunge poi l’obbligo dell’indagine preliminare, che è un passaggio in più che porta solo ad una complicazione. I rilievi preliminari prevedono sezioni molto ampie, anche di centinaia di metri, cosa che può impedire di recuperare lotti. Infine di escludono le procedure semplificate che erano sempre previste nella normativa del 2014, rallentando i lavori di bonifica.

“Basta scavare 20 metri più in là rispetto ad una fossa in cui sono stati sotterrati rifiuti per non accorgersi della loro presenza, dichiarando così non contaminata un’area che invece lo è.”

La partecipazione pubblica verrebbe meno, perché il tempo lasciato a disposizione passa a 30 giorni dai precedenti 60. Un problema per leggere e analizzare piani composti anche da centinaia di pagine

“Per analizzare e commentare documenti lunghi e complessi i cittadini devono trovare tempo, competenze e un’organizzazione per intraprendere quest’attività. Così facendo si elimina questo diritto.”

Secondo il Ministro Costa, questo decreto permetterà di avere delle procedure più rapide. Il Ministro si dice entusiasta e molto soddisfatto di questa riforma. De Sanctis però chiosa e dice

“Forse sarà così, ma non saranno vere bonifiche”

 

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