Sono tre i funzionari comunali accusati di omicidio stradale per la morte di Elena Aubry, la 26enne che perse la vita su via Ostiense.
Elena Aubry sbandò con la moto, per via del manto stradale sconnesso. Secondo i periti, la colpa dell’incidente è da imputare agli avvallamenti e alle radici che hanno sformato l’asfalto in una trappola mortale per la giovane.
La ricostruzione dell’incidente
Era il 7 maggio del 2018 quando Elena Aubry, 26enne, perse la vita in un incidente stradale in via Ostiense a Roma. La giovane, in sella alla sua moto, perse il controllo del mezzo, per via degli avvallamenti creati sul manto stradale dalle radici degli alberi.
Già lo scorso mese di giungo, la Procura aveva iscritto nel registro degli indagati tre funzionari del Campidoglio, addetti alla manutenzione di via Ostiense, la strada su cui la ragazza perse il controllo della sua moto, finendo sull’asfalto.
Dopo diversi mesi, le forze dell’ordine sono riuscite ad identificare l’infermiera che ha assistito all’incidente e che, per prima, prestò soccorso alla 26enne.
L’accusa di omicidio stradale
Dopo oltre due anni da quel drammatico incidente, sei persone sono finite nel registro degli indagati.
Come riferisce anche Tgcom24, secondo la procura, la morte di Elena Aubry sarebbe da imputare a chi aveva l’obbligo di salvaguardare quel tratto di strada ed invece non l’ha fatto.
Ad essere accusati di omicidio stradale sono due dirigenti del Simu, Dipartimento Sviluppo Infrastrutture e Manutenzione Urbana, un dipendente del municipio di Ostia e tre tra responsabili e delegati della ditta che si occupava della manutenzione dell’asfalto.
A battersi strenuamente per fare giustizia è stata soprattutto la madre di Elena, Graziella Viviano. La donna ha avviato campagne e battaglie per fare giustizia alla figlia.
È la prima volta che l’accusa di omicidio stradale viene formulata contro i dipendenti pubblici e imprese che avrebbero dovuto garantire ed effettuare la manutenzione stradale.