Dal 18 agosto è scattata la proroga “mobile” del blocco dei licenziamenti, legato all’utilizzo della Cassa Integrazione d’emergenza.
Fino al 17 agosto è stato un blocco generalizzato, valevole cioè per tutti i licenziamenti, collettivi e individuali, per motivi economici, ora invece il divieto diventa “flessibile”.
La proroga del divieto di recesso dal rapporto di lavoro prevista dal decreto n. 104 non vale per tutti, ma sono 3 i casi specifici in cui si può licenziare.
Il divieto di licenziamento continua ad applicarsi ai datori di lavoro che non abbiano fruito integralmente del bonus contributivo fino a quattro mesi riconosciuto ai datori di lavoro che rinunciano alla Cassa Integrazione.
Stop blocco generalizzato licenziamenti: i casi in cui è possibile dal 18 agosto ’20
Il comma 3 dell’articolo 14 del Decreto Agosto deroga alla rigida disciplina del blocco generalizzato dei licenziamenti.
Sarà possibile per il datore di lavoro recedere dal contratto nei tre casi seguenti:
- accordo collettivo aziendale di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo,
- cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione dell’attività, nei casi in cui non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività,
- licenziamenti in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione.
In questi tre casi non si applica più il divieto di licenziamento.
Divieto di licenziamento legato alla CIG: cosa prevede il Decreto Agosto?
Il divieto di licenziamento continua ad applicarsi alle imprese che non hanno fruito dell’intero periodo di cassa integrazione Covid-19, comprese le ulteriori mensilità previste dal Decreto Agosto.
La proroga del blocco dei licenziamenti si lega quindi al periodo di fruizione della cassa integrazione o del bonus contributivo.
Il divieto di licenziamento viene meno al termine delle due misure di sostegno.
Resta preclusa la possibilità per il datore di lavoro di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo.