Tiffany ha scelto la sostenibilità ambientale e sociale

La famosa azienda adotterà una nuova politica, rendendo ogni diamante tracciabile a partire dall’estrazione fino al negozio.

Tiffany blood diamonds

Da ottobre Tiffany la famosa maison ha deciso doterà ogni diamante di un certificato di tracciabilità che ne attesta la provenienza. L’azienda punta ad essere sostenibile dal punto di vista sociale ed ambientale.

I nuovi certificati di Tiffany

Come detto da ottobre ogni pietra che supera la misura di 0,18 carati, sarà corredata da un certificato che attesta la provenienza e segue ogni suo processo di lavorazione. Tiffany è il primo marchio nel mondo della gioielleria di lusso ad adottare questo genere di politica a livello mondiale.

Si vuole dare la certezza al cliente di non impiegare i cosiddetti Blood Diamond che letteralmente significa diamanti di sangue. Si tratta di pietre provenienti dal commercio illegale spesso fatto da gruppi armati che impiega personale sottopagato, minori o addirittura veri e prori schiavi.

Spesso queste pietre arrivano nel mercato “legale” con moltissimi passaggi, in modo non dissimile dal riciclaggio di denaro sporco. Tiffany quindi per evitare il rischio concreto d’impiegare pietre provenienti da questo commercio, ha pensato alla tracciabilità delle pietre.

L’azienda ha deciso di garantire all’acquirente una sorta di carta d’identità che permette di seguire tutta la filiera dall’approvvigionamento fino alla vendita del prodotto.

La responsabilità dell’azienda

Tiffany attualmente è un marchio di proprietà del grande gruppo francese LVMH, specializzato nella gioielleria di lusso. Si tratta di una mossa per perseguire la trasparenza e la corporate social responsibility.

La CSR è la una sorta di codice etico che mira a rendere le aziende che lo adottano più attente ai problemi ambientali e sociali. Tiffany ci dirà nei suoi certificati il Paese d’origine e la miniera di estrazione del diamante, dov’è stato tagliato, lucidato e montato sul gioiello prescelto dall’acquirente finale.

Si rende il consumatore più consapevole e si spera che questa scelta spinga anche i competitors ad optare per scelte più sostenibili e rispettose dei diritti dei lavoratori dei Paesi in via di sviluppo.

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