La “donna che sussurra agli elefanti”. L’attivista che sta lottando per proteggere gli elefanti asiatici da maltrattamenti in Thailandia.
Possiamo leggere di Sangdeaun Lek Chailert sul South China Moning Post. Lei è un’attivista conservazionista della Thailandia ed ha il curioso soprannome di “sussurratrice di elefanti”. Deriva dalla grande capacità che ha questa donna di comunicare con questi grandi animali che la seguono e si fidano ciecamente come se fossero degli enormi cani. La donna combatte per loro per proteggerli e lei stessa spiega il perché:
“Finché ognuno di noi non capirà che gli elefanti dovrebbero essere rispettati e non trattati come nostri schiavi, non mi riposerò combatterò per loro”.
Il rischio che corrono questi pachidermi
Secondo il WWF gli elefanti asiatici sono a rischio di estinzione. Ora sono relegati solo nelle foreste umide e nelle aree erbose non più nella totalità del loro habitat. Ora occupano soltanto il 15% delle zone in cui vivevano precedentemente e questo è in gran parte colpa dell’uomo.
Molti sono i progetti di sviluppo urbano, costruzioni di poli industriali, dighe, strade e piantagioni in quello che era l’habitat dell’elefante asiatico.
In totale ora gli esemplari in vita sono 40.000, oltre la metà si trova in India e circa 7.000 in Thailandia. La metà di questi ultimi è allevata in cattività e usata al pari di un mezzo pesante o come attrazione per i turisti.
Il progetto di conservazione
Sangdeaun Lek Chailert cerca di salvare questa specie di elefante. La conservazionista che tutti conoscono semplicemente come Lek, lotta per tutelarli da molti anni. Ha iniziato il suo progetto nel 1996 fondando l’Elephant Nature Park. Si trova nella valle di Mae Taeng, distante circa 60 km a nord della città di Chiang Mai.
Si tratta di un santuario che ha al suo interno un centro educativo per aiutare elefanti maltrattati, feriti e traumatizzati. Gli animali che vengono recuperati sono spesso stati usati nel turismo o costretti a lavori di fatica in vari settori compreso quello del disboscamento illegale.
Gli elefanti vengono curati, rimessi in sesto e lasciati liberi nel parco di circa 100 ettari. Quelli che arrivano al centro sono molto spesso denutriti, traumatizzati o con problemi psicologici e fisici di varia natura.
La passione di Lek
Lek ama questi animali da sempre, basti pensare che quando era adolescente la donna soffriva terribilmente sentendoli gridare di dolore o paura, mentre erano costretti a lavorare al disboscamento illegale.
Questa pratica è illegale dal 1989, quando il governo thailandese lo bandì, senza però riuscire a bloccare il fenomeno.
Allora Lek giurò a sé stessa di salvare quanti più elefante fosse possibile. Ora l’attivista ha 59 anni e la sua storia sta diventando virale:
“Anche se allora non avevo soldi, sapevo che dovevo trovare un modo per aiutarli.”
La donna non solo ha fondato il santuario per il recupero degli esemplari malati, è anche tra i fondatori della Save Elephant Foundation.
Dopo essersi laureata all’Università di Chiang Mai, ha iniziato a fare la gavetta con molti lavoretti salvando un elefante per volta con i propri risparmi. Ogni esemplare ha un costo di 60.000 Baht che al cambio sono circa 1.600 euro.
Lek ha spiegato che era la sola scelta, dato che:
“non esiste una legge in Thailandia che consente alle autorità di confiscare gli elefanti, anche se subiscono abusi: non posso semplicemente prenderli.”
Il lavoro di recupero e di sensibilizzazione
L’Elephant Nature Park sorge su di un terreno che è stato donato da un americano ed è immerso tra le montagne, uno degli habitat dell’elefante asiatico.
“Molti elefanti vengono al nostro parco feriti e in condizioni critiche […] alcuni hanno perso l’equilibrio e difficilmente possono camminare, altri sono ciechi o non possono sentire.”
Racconta anche che molti suoi amici la considerano una pazza perché acquista elefanti prossimi alla morte o in pessime condizioni. Ma Lek ha come unica regola, aiutare soltanto tutti gli esemplari che si trovano in difficoltà ed hanno bisogno di aiuto.
Nonostante siano considerati uno dei simboli nazionali della Thailandia e venerati, molti degli elefanti domestici del Paese asiatico vengono brutalmente torturati sin dalla più tenera età, soprattutto dall’industria del turismo.
Negli ultimi 10 anni le condizioni sono migliorate ma resta viva la crudele tradizione del phajaan. Letteralmente significa schiacciamento e segna l’inizio della vita domestica di molti esemplari.
Il cucciolo viene strappato alla madre in tenera età, per poi essere legato, tenuto in anguste gabbie di legno per poi essere sottoposto quotidianamente a torture fisiche e psicologiche. Questo crudele rituale serve per addomesticare l’animale, in realtà provoca grandissimi traumi nell’elefante. Oggi come detto non sono pratiche così comuni, ma la tradizione resta.
“Ora, le cose stanno decisamente cambiando, poiché le persone stanno diventando più consapevoli della conservazione degli animali.”
In Thailandia oltre il 50% degli elefanti vive in cattività. L’Elephant Nature Park ne ospita più di 80, ma non sono i soli ospiti. Ci sono anche 700 cani, la maggior parte salvati dopo le grandi inondazioni del 2011 che colpirono Bangkok. Troviamo anche 800 gatti e 98 bufali.
Come si raccolgono i fondi
Lek deve provvedere a tutti questi animali e i fondi sono raccolti attraverso il turismo e a sponsor che donano ingenti fondi. Il turismo pensato da Lek è ben diverso da quello solito, dato che gli ospiti vivono un giorno da volontari.
Gli ospiti possono restare un giorno o una notte. Dovranno nutrire gli animali, camminare per il parco, fare il bagno agli elefanti o altre attività quotidiane.
Ora a causa della pandemia globale ed il blocco del turismo l’Elephant Nature Park, si trova senza alcun visitatore o volontario. Le entrate sono esigue se non esistenti,
Nutrire un elefante richiede fino a 30 euro al giorno, oltre il triplo di un salario giornaliero minimo della Thailandia. Lek non ha abbandonato gli animali, li nutre e si prende cura di loro:
“Gli esseri umani possono sempre chiedere aiuto, ma gli animali non possono farlo, quindi dobbiamo aiutarli.”
Sangdeaun Lek Chailert grazie al suo lavoro di ben 24 anni ha avuto moltissimi riconoscimenti. Il Time l’ha nominata “Hero of Asia” nel 2005, mentre nel 2010 è stata onorata come una delle sei donne eroine della conservazione globale. È stata invitata a Washington da Hillary Clinton, che era all’epoca Segretario di Stato degli USA.