La donna, condannata a 30 anni, è ritenuta responsabile della morte di un uomo e di altre “condotte omicidiarie”.
La decisione del giudice è motivata dal pericolo di reiterazione del reato.
Le accuse e la condanna
Daniela Poggiali, ex infermiera di professione, è accusata della morte di Massimo Montanari, 95enne deceduto il 12 marzo del 2014, la notte antecedente alle sue dimissioni dalla clinica di Lugo, dove lavorava l’imputata.
La vittima era l’ex datore di lavoro del compagno della Poggiali e l’infermiera, in una occasione in particolare, lo aveva minacciato di fargliela pagare.
L’uomo sarebbe stato ucciso premeditatamente con un’iniezione di potassio dall’ex infermiera. Lo scorso dicembre è stata pronunciata la sentenza di primo grado e la Poggiali è stata condannata a 30 anni di carcere.
L’infermiera è stata imputata anche per la morte della 78enne Rosa Calderoni, una sua paziente deceduta a seguito di un’iniezione letale di potassio.
Per la sua morte la Poggiali era stata condannata in primo grado all’ergastolo, per poi vedersi assolta in due processi di appello e appello bis che la Cassazione ha annullato.
Per questo reato, che vede imputata la Poggiali ormai per la terza volta, l’infermiera verrà giudicata nei prossimi mesi.
La Poggiali resta in carcere: la decisione del giudice
Come riferisce anche l’Ansa, l’ex infermiera dell’Ausl Romagna Daniela Poggiali deve rimanere in carcere.
A deciderlo il Tribunale della Libertà di Bologna, che ha respinto la richiesta dei suoi legali di annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare.
Secondo il giudice, l’infermiera:
“Non è capace di autogoverno e conserva la più totale assenza di senso di umanità”.
Il rischio è quello di una reiterazione del reato, tanto che la Poggiali potrebbe mettere in atto:
“Espressioni di crudeltà verso pazienti o comunque verso terzi”.
La Poggiali resta quindi in carcere con l’accusa di omicidio volontario premeditato.