Molte regioni non si allineano al Dpcm e protraggono la chiusura degli istituti superiori.
Domani 18 gennaio è previsto il ritorno di allievi e personale nelle scuole di secondo grado. Le polemiche s’infiammano e il mondo dell’istruzione si spacca in due, tra docenti e personale ATA da una parte e alunni dall’altra.
Quel guazzabuglio dell’istruzione in sicurezza
Nell’emergenza epidemiologica è previsto per lunedì il ritorno all’insegnamento vecchio stile per la metà degli studenti delle scuole superiori. Così si abbassano i monitor per circa 650 mila per ritornare alla didattica in presenza.
Immancabili distanziamento fisico e mascherine a cui si aggiungerà l’alternanza di orari, giorni e classi. Ma molte regioni non ritengono le misure preventive sufficienti a flettere l’impennata di contagi e ricoveri che il Paese sta registrando.
La deroga al decreto
I governatori, nel ciclone dell’emergenza sanitaria, non sono stati scalfiti dalle parole della ministra Lucia Azzolina che ha dichiarato:
“Non funziona più la didattica a distanza”
Alcune Regioni dunque hanno deciso di intraprendere la strada della prudenza.
Fioccano le polemiche tra differenti decisioni regionali e le proteste degli studenti che rammentano il loro diritto allo studio e alla socialità.
Lombardia, Alto Adige e Sicilia, in zona rossa, non si atterranno alle indicazioni dell’ultimo Dpcm approvato lo scorso giovedì
Non ritorneranno sui banchi neanche i pugliesi, la regione ha infatti optato per il rinvio delle aperture, previste tra una settimana. Il governatore della Puglia Michele Emiliano afferma come la scuola sia insidiosa per la trasmissione del virus:
“non è un posto sicuro qualsiasi luogo dove si sta seduti per ore nella stessa stanza”
Infatti nella regione la didattica a distanza è resa disponibile anche alle scuole primarie, per quei genitori che ne facciano richiesta.
Anche Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, conferma la chiusura delle scuole. Anche Vito Bardi a capo della Basilicata decide di non aprire fino ai primi di febbraio.
In Sicilia in cui l’emergenza è alta, Nello Musumeci annuncia che se in due settimane i dati non registreranno un rientro netto dell’emergenza, saranno introdotte misure più stringenti, con una chiusura delle scuole di tutti gli ordini e gradi (accolgono ancora gli alunni le scuole primarie e delle prime classi delle medie).
Il mondo dell’istruzione spaccato a metà
La scuola è divisa al suo interno: il corpo docente chiede di essere vaccinato, mentre gli studenti perseguono con occupazioni e scioperi l’obiettivo dello studio in presenza.
Il personale scolastico tutto reclama per sé l’obbligatorietà del vaccino in quanto categoria a rischio mentre gli studenti continuano a far sentire la loro voce davanti gli istituti superiori, specie a Milano, dove aumentando il numero di quelli occupati.
Anche la capitale sarà attraversata delle proteste nella giornata di domani, per chiedere sì la scuola vecchio stile, ma in sicurezza.