Il rammarico e la condanna dell’avo per le controfirme che diedero inizio alle persecuzioni e genocidio.
In un’intervista al TG5 l’erede della casata Savoia ha anticipato i motivi della lettera indirizzata alle comunità ebraiche italiane.
La richiesta di perdono di Casa Savoia
A ridosso della giornata della memoria per le vittime dell’Olocausto, Emanuele Filiberto di Savoia scrive una lettera alle comunità ebraiche italiane.
Chiede loro perdono per l’approvazione da parte del bisnonno, Vittorio Emanuele III, delle leggi razziali promulgate nel 1938.
Il contenuto della lettera è stato anticipato in un’intervista esclusiva al TG5 diretto da Clemente Mimum.
Il rampollo vuole fare i conti con la pesante eredità del genocidio. Dichiara di sentirne il peso e insieme alla sua casata prende le distanze dalla nefasta decisione dell’avo.
“Mi rivolgo a voi fratelli Ebrei nell’angoscioso ricordo delle troppe vittime che la nostra amata Italia ha perso”
Il nipote degli ultimi re d’Italia si augura che la missiva possa essere:”un primo passo verso quel dialogo che oggi desidero riprendere e seguire personalmente”.
L’auspicio è che la storia e le sue responsabilità non vengano dimenticate.
Le leggi razziali
Le scelte dell’antenato decretarono un insondabile dolore per milioni di persone. Le sue controfirme diedero inizio al crescendo di violenza che lasciò quella piaga nella storia dell’umanità ancora senza senso.
Le leggi razziali furono firmate da Benito Mussolini in qualità di capo del governo e dal re, il bisnonno di Emanuele Filiberto, nell’infausto 5 settembre 1938. L’annuncio avvenne nel discorso di Mussolini il 18 settembre 1938 a Trieste.
In pochissime settimane agli Ebrei furono negati i diritti civili e politici attraverso la ferocia della discriminazione, fino alla deportazione nei campi di massacro e sterminio.
La risposta della comunità ebraica
Tra le reazioni seguite all’intervista, repentina la risposta di Riccardo Franchi Levi, presidente dell’Associazione Italiana Editori.
“Un atto dovuto naturale”
Il giornalista definisce così le scuse di Casa Savoia affermando come la responsabilità non sia della famiglia, bensì personale di Vittorio Emanuele III che, ricorda, non si pentì mai nonostante le conseguenze disastrose e orribili.