Scarseggiano le risoluzioni per ricucire lo strappo tra le forze politiche e le urne, spauracchio per alcuni e bramate per altri, sembrano avvicinarsi.
Instancabile e più difficile del previsto si dimostra la ricerca di una maggioranza in Senato per il Premier, che continua tenace a perseguire l’obiettivo.
Suspence in attesa della relazione sulla giustizia
L’affastellarsi di incontri e chiamate alla ricerca di responsabili è incessante. C’è poco tempo, mancano quattro giorni alla relazione sulla giustizia di Alfonzo Bonafede.
È prevista mercoledì e l’accoglienza o meno avrà un effetto sul dispiegarsi dei futuri scenari. Tra questi, un “no” con probabile dimissione del Guardasigilli, come di norma, indebolirà ulteriormente la posizione di Giuseppe Conte.
D’altra parte un “sì” potrebbe gettare le premesse per un contesto meno frammentato per la riuscita di un governo sotto la guida del Premier, ovviamente senza ricorrere alle elezioni.
L’intervento di Bonafede a Palazzo Madama potrebbe slittare a giovedì, ma non sembra che il protrarsi dei tempi cambi le posizioni dei senatori. Renzi e Italia Viva hanno già annunciato che voteranno per il “no”.
Urne agognate e temute
Le urne adesso intimoriscono molti. Difatti il voto degli Italiani comporterebbe loro, nella migliore delle ipotesi, di essere messi al margine degli equilibri di Governo, nella peggiore, di esserne estromessi. Peraltro la diminuzione dei seggi dei rappresenti del popolo, decretata tramite referendum lo scorso settembre, rende il rischio alto.
Anche il Premier ha interesse ad eludere le elezioni: nel caso facesse un suo partito, conseguirebbe un 15% di voti, stando ai sondaggi. Diminuirebbe però l’elettorato, già in calo da tempo, dei Cinque stelle, Pd e inoltre Italia Viva.
Al contrario l’eventuale nascita della nuova forza politica non intaccherebbe il consenso dei partiti di destra, se non in misura minima, un timido 0,7% di consensi in meno.
Così il Premier prosegue la caccia ai responsabili tra i tentennanti insoddisfatti di Forza Italia e Italia Viva.
Bruno Tabacci, leader di Centro Democratico, si unisce nella ricerca. La soluzione all’impasse sarebbe l’appoggio di un gruppo parlamentare e non di singoli sparsi, con cui finanche il dialogo potrebbe rivelarsi impossibile. L’obbligo, altrimenti, rimane quello di appellarsi agli Italiani.
Sulla stessa lunghezza d’onda il vicesegretario del Partito Democratico, Andrea Orlando che teme il ritorno in auge del sovranismo.
D’altronde anche la proposta di Forza Italia, ossia un governo di unità nazionale, è naufragata davanti il rifiuto sia dei 5 stelle che del Partito Democratico.
Pertanto al momento la prospettiva di un ritorno alle urne sembra essere la più verosimile.