La prostituzione ai tempi del Covid: Michelly prostituta transessuale di origini brasiliane

I clienti di Michelly, prostituta transessuale di origini brasiliane, hanno un’età compresa tra i 20 e i 60 anni.

Si rivolgono a lei per un momento di trasgressione che non si arresta neanche con il Coronavirus.

Covid e prostituzione

La crisi dovuta alla pandemia ha colpito pesantemente anche loro, che non hanno un cliente standard, stilare un identikit del cliente tipo è impossibile.

Se per qualcuno intrecciare un rapporto con un prostituta è complementare a una relazione stabile, per altri è l’unica possibilità. Tutti comunque sono soggetti alle restrizioni dettate dalla pandemia.

Tuttavia nonostante la criticità del contagio in questi mesi, molte di loro non hanno avuto altra soluzione che continuare a lavorare.

Una di loro come riporta Fanpage, Michelly ha raccontato di come la clientela sia calata dell’80 per cento. Il restante il 20 per cento che ancora la chiamano sono i più affezionati. Come racconta Michelly :

“Sono disposti a tutto pur di non rinunciare alle mie prestazioni a pagamento”.

La paura di accumulare debiti le ha fatto passare il timore di contrarre il virus. Ammette che si continua a lavorare per sopravvivere: i guadagni non sono più quelli di un tempo, aspettando che arrivi il vaccino.

Smart working del sesso

Michelly Kelton è una prostituta transessuale che lavora nel quartiere San Siro, nella periferia di Milano, una zona da sempre definita a luci rosse, che ha visto il mercato del sesso spostarsi dalla strada agli appartamenti.

Gli operatori del “servizio” si sono attrezzati e per i loro servigi e poiché i clienti non arrivavano, hanno iniziato a lavorare anche in smart working, offrendo sesso virtuale.

Per cui Michelly ha sempre con sé mascherina e gel igienizzante, ma ammette fare sesso con la mascherina è impossibile.

Secondo una stima fatta da “Free Woman”, un associazione che opera in aiuto di chi si prostituisce, l’Italia è uno dei paesi in cui la prostituzione transessuale è più diffusa, sono 40mila e circa 10mila vivono prostituendosi.

La maggioranza di loro è sudamericana, il giro d’affari può superare i 20 milioni di euro al mese.

Nonostante molte di loro abbiano fisici longilinei, seni siliconati e sederi tonici, alcune come Michelly hanno qualche rimpianto.

“Nonostante a me piaccia fare il mio lavoro non nego che mi piacerebbe fare la parrucchiera o la sarta”.

Michelly conviene che un grosso problema è che in Italia a nessuno viene in mente di assumere una dipendente transessuale, aggiungendo che l’ideale sarebbe avere denaro a sufficienza per mettersi in proprio.

Un alternativa potrebbe essere che lo Stato riconoscesse il mestiere della sex worker, con tanto di diritti e doveri come avviene per le altre categorie professionali.
Aggiungendo che lei sarebbe felice di “pagare le tasse”.

Diciamo una formula riveduta per aggirare la legge Merlin che alla mezzanotte del 20 settembre 1958, mise fine alle case di tolleranza

 

 

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