L’avvertimento minaccioso “se scenderete in piazza, rischierete la vita” non ha piegato l’ondata di protesta in Myanmar.
La resistenza all’élite dei militari è senza precedenti. Centinaia di migliaia di cittadini hanno scioperato e manifestato in tutto il Paese. Lo hanno fatto nonostante le intimidazioni dei detentori del potere che, abituati ad affievolire o meglio annullare con la forza i dissidenti, non si aspettavano tanta caparbietà.
Portentosa protesta
La rivolta dei cinque due è stata definita la manifestazione di ieri (22.02.2021) dal popolo dissidente, in ricordo di un’altra storica discesa in piazza chiamata dei quattro otto (avvenne l’8.08.1988) che culminò nel sangue (dei manifestanti).
Come preannunciato, anche stavolta qualcuno ha perso la vita. Ieri il fuoco militare fatto altre due vittime a Mandalay.
Invece a Yangon, secondo l’Uffpost, sulla folla sarebbero stati riversati idranti d’acqua mista a sostanze urticanti.
Il futuro del Paese
La tensione aumenta anche fuori dai confini nazionali. Il migliore amico dei golpisti è la Cina che, accusata di pilotare gli eventi politici nel Paese vicino, ha reguardito i governi occidentali.
Gli europei e Stati Uniti sarebbero colpevoli, con le loro sensazioni economiche, di mettere il naso in questioni interne al Myanmar, anche se in quegli affari rientra anche la violazione dei diritti umani.
Anche Zuckerberg ha preso una posizione netta nei confronti dei militari golpisti.
Domenica ha chiuso il canale social dell’esercito birmano, che però è già indaffarato nella costruzione del proprio regno online; il modello è quello cinese e cinesi sono anche gli esperti e mezzi messi in campo.
Al di là delle dinamiche internazionali, in cui la nazione orientale è diventata un nuovo tassello nello scontro tra USA e Cina, a determinare il futuro dei rivolgimenti interni, saranno i Birmani.
Ad affermarlo è lo storico Thant Myinth-U, esperto delle vicissitudini del Myanmar. Si tratta di un braccio di ferro tra il popolo e generali. Questi ultimi infatti sono indifferenti alle richieste e penalizzazioni dei governi stranieri. Adesso non possono più fare marcia indietro.