Domani, per moltissimi, inizia un nuovo lungo periodo da trascorrere a casa. Noi consigliamo 5 vecchie pellicole da rispolverare, per ridere dei propri difetti, un po’ esasperati dalla chiusura forzata.
Cinque capolavori del cinema realizzati da altrettanti registi nostrani acclamati, chi più chi meno, da pubblico e critica.
Cibo, letteratura e cinema come ancora di salvataggio
Un anno fa, presi alla sprovvista dal primo confinamento casalingo della storia del Paese, tanti Italiani per trascorrere il tempo, dare sfogo alle energie costipate tra le mure domestiche e provare la gioia di mangiare cibo fatto in casa (la propria) hanno messo, letteralmente, le mani in pasta, realizzando gran quantità di pizza, pane e dolci.
Ma anche cinema, serie tv e libri sono stati fidati compagni, che si sono fatti largo pian piano nel delirio culinario.
Oggi vi proponiamo di tuffarvi, nelle serate insonni, solitarie o in compagnia, nello spirito, ora giocoso ora salace, di chi dell’ironia ne ha fatto un mestiere.
Cinque vecchie proposte per sorridere
Di seguito 5 film, di qualche decennio fa ma sempre attuali.
1. Maledetto il giorno che t’ho incontrato (Verdone)
Iniziamo con Maledetto il giorno che t’ho incontrato realizzato da Carlo Verdone, monumento vivente del cinema italiano.
La pellicola dell’82 narra l’incontro fortuito e bizzarro tra un uomo (Verdone) e una donna (Margherita Buy) che condividono alcuni malesseri e una dipendenza, quella dagli psicofarmaci.
In un periodo in cui si fa ampio ricorso, più che mai, agli antidoti all’ansia e alla depressione, si può cercare se non di alleviare, di stemperare quei malesseri assillanti, vedendo le vicende rocambolesche dei due improvvisati compagni di un’avventura che li porterà fino a Londra.
2. La Visita (Pietrangeli)
Ritorniamo negli anni Sessanta per una storia di solitudine, compagnia fedele della pandemia, che obbliga all’isolamento.
La visita (1963) di Antonio Pietrangeli, si apre con un incontro tra due sconosciuti.
Infatti Pina, 36 anni, un bel lavoro e una casa propria, si sente molto sola.
Vorrebbe trovare l’anima gemella, così usa il Tinder dell’epoca, la sezione degli annunci sul giornale.
Le rispondono vari uomini, tra cui Adolfo, anch’egli solo ma che si palesa subito taccagno e semplicemente insopportabile.
Infatti dopo la corrispondenza epistolare, l’uomo da Roma va a trovarla in un paesello in Emilia Romagna. Si dipana una storia, in cui i due si conoscono ma non si prendono molto, quasi si odiano. Ma ha poi molta importanza se la solitudine che ognuno dei due vive è tanta?
3. Il Mostro (Benigni)
Come terza pellicola c’è Il mostro (1994) di Roberto Benigni. È una commedia degli equivoci spassosissima. Il regista veste i panni del protagonista maschile, mentre in quelli della controparte femminile c’è Nicoletta Braschi, compagna d’arte e di vita.
Travisamenti, incomprensioni e una percezione della realtà completamente distante danno luogo a situazioni comiche e quasi assurde.
Vedere questa pellicola nell’epoca delle fake news fa pensare che basta davvero poco, perché i fatti vengano male interpretati o creati di sana pianta.
4. Ricomincio da tre (Troisi)
Facciamo appello a Massimo Troisi, che non manca mai di strappare un sorriso, con quell’empatia smisurata che lo fa sentire vicino. Narra problemi, dolori, amori e disamori che sono di tutti.
Nonostante l’imbarazzo della scelta tra i suoi film, scegliamo Ricomincio da tre (1981).
In un periodo storico di pause forzate, finali improvvisi e inizi a singhiozzi, il dialogo iniziale tra Troisi, alias il maldestro e timido Gaetano, e Lello Arena nel ruolo di Raffaele. l’amico pigro e sempre inopportuno, è calzante:
Gaetano: Chell ch’è stato è stato… basta, ricomincio da tre!
Raffaele: Da zero!
Gaetano: Eh?
Raffaele: Da zero: ricomincio da zero.
Gaetano: Nossignore, ricomincio da… cioè… tre cose me so’ riuscite dint’a vita, pecché aggia ricomincia’ da zero? Da tre!
5. I Complessi (Dino Risi)
Infine un’altra pietra miliare del cinema italiano, Dino Risi. Anche qui la produzione è vastissima. Ma noi vi proponiamo I complessi (1965).
Una successione di piccole storie mette a fuoco i complessi che albergano in noi e quelli che solo gli altri ci attribuiscono, tacendoli.
Tre racconti da rivedere nell’era dell’ossessione per la perfezione.
L’ultimo quadretto del trittico, di cui non sveliamo nulla e che per protagonista ha Alberto Sordi, ci fa capire che forse è meglio ignorare i propri difetti e puntare sui pregi.