Per anni la giornalista si è immersa nelle vicende di cronaca nera, in gran parte donne maltrattate e uccise dagli uomini. Poi un caso l’ha indignata tanto da passare dalla parte del detective. Ora i poliziotti chiedono a lei per acciuffare gli assassini.
La storia di Frida Guerrera, di recente narrata al mondo dal Guardian, si svolge in Messico, il Paese dove essere donna espone, più che altrove, alla morte. Secondo la National Citizen Observatory on Feminicide dieci persone di sesso femminile muoiono ogni giorno ammazzate per mano di un uomo.
Cronista nella “patria” del femminicidio
Il lavoro della giornalista 50enne, costantemente minacciata, è legato ai femminicidi e si svolge proprio nella nazione che ne ha coniato la parola.
Infatti, il termine, che specifica una tipologia di omicidio (in cui una donna è uccisa dall’amante o ex amante), nacque proprio per descrivere i casi di cui si occupava la criminologa Diana Russel.
Quel territorio natio tanto sanguinario Frieda Guerrera non l’ha mai lasciato, neanche quando il rischio era altissimo.
Una voce scomoda
Tutto ebbe inizio quando si trasferì a Oaxaca nel 2006. Fu il modo di mettere una distanza, di chilometrica sicurezza, dall’uomo violento con il quale aveva avuto una relazione.
Lì iniziò il lavoro di reporter radiofonica degli intrighi di corruzione e di violenti soprusi. I protagonisti erano uomini delle istituzioni locali.
Non tardarono ad arrivare le minacce, dall’uccisione del suo gatto, trovato sullo zerbino di casa, fino alle percosse al buio, perché lei era stata bendata e sequestrata.
Ma i suoi oppositori non riuscirono a fermarla.
Lo pseudonimo per sopravvive
Così, determinata a combattere le ingiustizie, decise un piccolo cambiamento: si sarebbe chiamata Frida, come la fervente artista conterranea, e Guerrera, che vuol dire guerriera.
Lo pseudonimo combattivo avrebbe dovuto ripararla delle ritorsioni e infonderle tanto coraggio, alla stregua della pittrice-eroina cui prese in prestito il nome.
Però dovette cambiare anche il lavoro. Lasciò la radio e divenne la portavoce di un senatore di sinistra dello stato di Oaxaca.
La città violenta
Passarono sei anni, dopo i quali fece ritorno a Città del Messico con il suo nuovo amore.
Era il 2016. L’atmosfera della megalopoli era esasperata dal copioso traffico di droga. Nella brulicante città, dall’inizio del 2015 fino al 2019, sono state assassinate 1.258 donne.
Nel periodo trascorso nella capitale Guerrera iniziò a cercare nel web le cronache di femminicidio. In solo mezza giornata ne trovò 123.
Riempiva a gran velocità una tabella, con nomi delle scomparse, date, luoghi, età e modalità di uccisione.
La lunga lista ritornò poi nel suo blog. Un luogo virtuale per dare dignità a chi, in vita, non ne aveva ricevuta, e infondere coraggio alle donne intrappolate in situazioni di sopruso (in vario grado, in Messico, moltissime).
Il primo caso da detective
Così venne a conoscenza della storia di una bimba, o meglio, ne ricostruì la vita, brevissima.
Era il 2017 quando il corpo di una piccina di 4 anni fu rinvenuto, perpetrato dalle ferite di una violenza sessuale.
Il cadavere era stato abbandonato come un rifiuto nella discarica vicino l’aeroporto della capitale. Dell’identità della bambina non si sapeva nulla.
Il rinvenimento fece scalpore nel Paese. Ma tutto finì in un grande sgomento collettivo.
Non per Frieda Guerrera che, tormentata dalle torture subite dalla bambina, volle darle dignità che non le era mia stata concessa.
Ci riuscì, con la sepoltura che le spettava (su cui campeggiava un nome) e con l‘incarcerazione dell’assassino.
Lupita si chiamava la bimba inesistente alla società perché la sua nascita non era stata registrata. A massacrarla, tra botte e stupri, era stato il patrigno con la connivenza della madre.
Rivoluzionaria osteggiata dal presidente
Da allora grazie alle indagini di Guerrera, sono finiti in carcere circa 30 assassini.
Quando il caso sembra senza soluzione, allora la guerriera della giustizia interviene, lavora senza sosta e ricostruisce incredibilmente vicende di chi non esiste neanche all’anagrafe.
La sua passione per la giustizia e la tenacia di fronte alle avversità, hanno cambiato anche il volto del gionalismo.
I racconti di tante vittime sopraffatte dalla mano e dalla mentalità del machismo hanno smesso di essere mere narrazioni scabrose, per essere viste finalmente per ciò che sono: l’evidenza di un problema di tutti cui far fronte.
Per avere idea del clima che Guerrera vive ogni giorno, basti pensare che, anche adesso che è diventata per molti un’eroina, è osteggiata in patria.
Il suo primo oppositore è Andrés Manuel López Obrador. Il presidente, accusato di non muovere un dito riguardo il dilagare degli abusi, ha risposto con la candidatura di Félix Salgado Macedonio a governatore dello stato di Guerrero.
Il politico, noto per aver ricevuto tre denuncie per abuso sessuale, ha dovuto ritirarsi, nonostante abbia avuto il presidente come suo strenuo difensore.
Gli insulti e le minacce sono ormai una costante per la guerriera messicana, che continua la sua lotta pericolosa.