Il senato spagnolo, con 202 voti a favore, 141 sfavorevoli e 2 astensioni, ha dato l’ultima decisiva risposta a una proposta di legge a lungo dibattuta: mettere fine a una vita psichica e fisica molto dolorosa.
Entro tre mesi l’aiuto a morire entrerà a far parte dei servizi del sistema sanitario nazionale. Ne potranno usufruire i maggiorenni affetti da patologie gravi, croniche e incurabili che rendono impossibile l’autosufficienza.
Una pellicola su uno spagnolo che sognava l’eutanasia
Nel 2004 Mare Dentro vinse il Leone d’argento al Festival del cinema di Venezia, l’anno successivo ricevette una sfilza di premi, tra cui l‘oscar e il Golden globe come migliore film straniero e (quasi) tutte le sezioni dello spagnolo Goya.
La pellicola ha raccontato (e racconta) al mondo una storia vera: la vita di un pescatore gallero, Ramón Sampedro, dopo il tuffo in mare che lo rese tetraplegico.
Il mare dentro è la ricchezza di sentimenti, desideri e volontà costretta nella prigione del corpo inerme.
Dopo più di vent’anni allettato, l’uomo (interpretato da Javier Bardem), intenta una battaglia legale nei confronti del governo spagnolo per ricevere l’eutanasia.
Ma la morte dignitosa tanto agognata non giungerà legalmente.
Chi potrà ricorrere alla dolce morte
Chissà quale peso abbia avuto quella pellicola nel destare le coscienze di molti, comprese quelle dei deputati spagnoli che oggi hanno decretato un nuovo corso per chi, stremato dalle sofferenze, vuole fare ricorso alla “dolce morte”.
Da giugno a presentare la richiesta potranno essere i maggiorenni in condizioni di salute gravi, che impediscono l’autonomia.
La domanda va correlata, in quattro momenti diversi, dalla documentazione degli specialisti che attesti lo stato di salute.
Quando la commissione esaminatrice avrà approvato per altrettante volte i referti medici, allora al paziente sarà richiesto per l’ultima volta il consenso.
La legge tutela anche i medici obiettori, che nel Paese iberico, secondo i sondaggi, sono solo un quarto.
Dove si può “morire bene”
La Spagna è il settimo Paese al mondo a permettere l’eutanasia. Per primi erano stati i Paesi Bassi (2002) seguiti da Belgio (2002), Lussemburgo (2008-2009), Francia e Colombia(2015) e Nuova Zelanda (2020).
Vi sono poi stati che consentono il suicidio assistito come la Germania, la Svizzera e alcuni governi statunitensi.
La differenza con l’eutanasia sta nella partecipazione attiva del paziente e in un ruolo dei sanitari più limitato, inerente esclusivamente la preparazione del farmaco a indurre la morte.