La volontaria, rapita in Kenia nel dicembre del 2018 e liberata dopo 18 mesi di prigionia, si è trasferita fuori città.
Il matrimonio risale al 5 ottobre scorso ed è stato celebrato in Emilia Romagna. Il marito, che è di origini sarde, ha deciso di convertirsi anche lui all’islamismo.
Il rapimento e la liberazione
Era il 20 novembre del 2018 quando Silvia Romano, cooperante di Milano, venne rapita durante un’azione armata da un gruppo di uomini nel villaggio di Chakama, in Africa, dove prestava servizio in un orfanotrofio.
Nei primi mesi di prigionia, Silvia Romano arrivò nelle mani di un’altra banda di rapinatori.
Nel marzo del 2019 da fonti locali si apprese che la ragazza fosse ancora viva, ma tenuta prigioniera da un gruppo islamista.
Nel maggio dello scorso anno finalmente la svolta: Silvia Romano è stata liberata. Ad annunciarlo al Paese era stato l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Al suo arrivo all’aeroporto di Ciampino, oltre ai familiari, ad accoglierla c’erano anche lo stesso premier ed il Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.
La ragazza, con mascherina e abito tradizionale somalo, aveva abbracciato a lungo la madre, il papà e la sorella, prima di rivolgere un caloroso saluto anche ai ministri.
Il racconto della prigionia
Poco dopo la sua liberazione, Silvia Romano aveva confermato la conversione all’Islam. La ragazza ha raccontato come la decisione di cambiare religione sia maturata durante il periodo di prigionia, sottolineando il fatto che nessuno l’avrebbe forzata verso quella scelta.
Silvia Romano aveva chiesto il corano ed aveva iniziato a leggerlo. Un percorso interiore culminato con la Shahada, il rito della testimonianza di fede.
Sulla prigionia, la cooperante avrebbe scoperto di essere a Mogadiscio solo un paio di giorni prima di essere liberata.
“Non mi hanno mai picchiato, non hanno mai esercitato su di me violenza fisica, sessuale o psicologica. Anzi mi rassicuravano continuamente sul fatto che prima o poi sarei stata liberata. Non mi hanno mai incatenato o tenuta legata. Ero libera di muovermi nei 6 appartamenti dove mi hanno tenuto sequestrata e non ho mai visto in volto i miei carcerieri perché avevano il volto coperto”
aveva dichiarato in seguito alla liberazione.
Per il riscatto si parlò di una somma dai 2 ai 4 milioni di Euro.
Il matrimonio con l’amico d’infanzia: la nuova vita di Silvia Romano
Come riferisce anche Il Fatto Quotidiano, lo scorso ottobre la cooperante si è sposata con un amico d’infanzia.
Il giovane, che si chiama Paolo ed è di origini sarde, si sarebbe convertito all’islamismo ed il matrimonio sarebbe avvenuto proprio con rito islamico.
La cooperante ha lasciato la sua abitazione al Casoretto, dove era tornata dopo i 18 mesi di prigionia, ed al momento vive in un paesino alle porte di Milano.
Ha iniziato ad insegnare lingue straniere in una scuola per adulti. Al suo rientro in Italia avrebbe riallacciato i rapporti con quello che è poi diventato suo marito.
Le minacce e gli insulti
La cooperante italiana, rapita in Africa nel 2018 e liberata dopo 18 mesi di prigionia, è finita nel mirino di minacce ed insulti social per via della conversione, da lei stessa confermata, alla religione islamica.
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Il giorno successivo al suo rientro in Italia era stato rinvenuto anche un volantino, in cui veniva messo sotto accusa il pagamento del riscatto che per salvare la vita di Silvia ne aveva messe a rischio molte altre.
Nei giorni seguenti era stata lanciata una bottiglia contro la sua abitazione. Così le forze dell’ordine avevano deciso di organizzare una vigilanza h24.
Da lì presumibilmente la decisione di allontanarsi e prendere casa fuori Milano.