Nel 2019 la 33enne aveva forzato il blocco imposto dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini.
Con la sua nave era entrata nel porto di Lampedusa, facendo sbarcare i 42 migranti a bordo della sua nave, dopo 17 giorni trascorsi in mare.
La vicenda della Sea Watch
Era il 26 giugno del 2019 quando Carola Rackete, capitana della Sea Watch 3, ha deciso di sfidare le regole del decreto sicurezza-bis entrando nel porto di Lampedusa, per far sbarcare i 42 migranti che si trovavano a bordo della sua nave.
Prima di sbarcare, la Sea Watch aveva provato a fare ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che però non aveva dato risposta positiva alle richieste.
È stato così che Carola Rackete ha fatto il suo ingresso nelle acque italiane. La capitana della Sea Watch era finita in carcere per 4 giorni, con l’accusa di resistenza e violenza a una nave da guerra e resistenza a pubblico ufficiale.
Accuse mai convalidate dal giudice per le indagini preliminari, che aveva quindi escluso i reati ascritti alla capitana.
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Niente processo per Carola Rackete
Niente processo per Carola Rackete. La comandante della Sea Watch che speronò la motovedetta della Guardia di Finanza aveva il “dovere di salvare delle vite”.
A deciderlo è stata la gip di Agrigento, Alessandra Vella, che ha quindi accolto la richiesta della Procura.
“Do per scontato che il decreto di archiviazione si muova sull’itinerario con cui la stessa Corte di Cassazione aveva ritenuto che non fosse da convalidare l’arresto di Carola Rackete, perché aveva adempiuto al suo dovere di soccorso e di portare i migranti in un porto sicuro”
ha spiegato il legale della comandante, Alessandro Gamberini.
Secondo la Procura, la Rackete aveva il dovere di portare in salvo i migranti.