Nelle ultime settimane si è assistito ad un’inversione di rotta nelle indagini, grazie alle testimonianze e alle ricostruzioni della polizia scientifica.
L’identikit del killer è stato disegnato grazie alla testimonianza del bodyguard che quel giorno ha assistito all’omicidio.
Omicidio Diabolik: Piscitelli era diventato un “boss”
Era il 7 agosto 2019 quando Diabolik, al secolo Fabrizio Piscitelli, venne freddato con un colpo di pistola su una panchina del Parco degli Acquedotti a Roma.
Con lui c’era il suo body guard, rimasto vivo per errore, perché pare che la pistola di chi sparò si fosse inceppata.
Fabrizio Piscitelli era diventato un boss della droga, tanto da controllare le principali piazze di spaccio della capitale.
Diabolik si occupava, principalmente, del recupero crediti dai soggetti che acquistavano le partite di droga.
Il movente dell’omicidio
Probabilmente Diabolik aveva iniziato ad infastidire qualcuno di intoccabile.
Qualche socio avrebbe provato anche a metterlo in guardia, ma Fabrizio Piscitelli non aveva ben compreso la pericolosità delle sue azioni.
Troppo sicuro di sé e della fama raggiunta, Diabolik stava sconfinando oltre il suo territorio.
Tentare di fermarlo era ormai diventata un’impresa impossibile. Le indagini sull’omicidio di Diabolik sembrano condurre ad una morte decisa a livelli più alti e alla quale nessuno, neanche i suoi compagni d’affari, si sarebbero opposti.
Secondo gli inquirenti, il posto scelto per freddarlo con un colpo di pistola non è un caso, ma una decisione ben ponderata, visto che in quel territorio operano i Senese.
Qualche giorno prima dell’omicidio di Diabolik, vennero arrestate 7 persone, di cui 5 di origini albanesi. I 7 facevano parte di un’organizzazione criminale che si occupava della distribuzione di grandi quantità di cocaina sul territorio italiano.
Dopo 6 giorni da quegli arresti, qualcuno avrebbe deciso di uccidere Fabrizio Piscitelli. In una seconda operazione, risalente all’ 8 gennaio dello scorso anno, venne arrestato Fabrizio Fabietti, socio di Diabolik.
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Un documentario per ricostruire la storia di Diabolik
L’esecuzione di Diabolik è stata ricostruita in un documentario dal titolo “L’irriducibile, l’ultimo giorno di Diablo”, in onda su Discovery+.
Il documentario porta la firma di Floriana Bulfon con la collaborazione di Daniele Autieri.
Dall’infanzia borghese all’ascesa nel mondo della mala: il mini film ripercorre tutte le tappe della sua vicenda, fino all’esecuzione su quella panchina al Parco degli Acquedotti, da un killer ancora senza nome ma che sembra avere i giorni contati.
La svolta nelle indagini e l’identikit del killer
L’omicidio di Fabrizio Piscitelli sarebbe ad un punto di svolta.
Gli inquirenti avrebbe stretto il cerchio attorno al killer di Diabolik, di cui sarebbe stato anche tracciato un identikit, grazie alla testimonianza della guardia del corpo, scampato per miracolo a quell’omicidio.
Le indagini degli inquirenti si sono concentrate sui rapporti con alcune organizzazioni criminali che operano a Primavalle e Boccea.
Sulla scena del delitto, oltre al killer, era presente anche il “palo”, che ha coperto la fuga dell’assassino.
La lettera dei genitori di Fabrizio Piscitelli
Hanno scritto una lunga missiva indirizzata alla Procura capitolina, in cui hanno chiesto verità e giustizia per il delitto di Diabolik.
A firmare la lettera, i genitori di Fabrizio Piscitelli.
“Fabrizio fu assassinato perché voleva abdicare al ‘trono’ (usiamo questo termine per essere sintonici con chi lo ha definito ‘quinto re di Roma’)”
si legge nella lettera, in cui la madre ed il papà di Diabolik chiedono che il caso non venga archiviato.
“Invochiamo il procuratore Prestipino, che per primo in commissione antimafia connotò e qualificò il delitto come un’esecuzione mafiosa: vogliamo sperare che voglia procedere con il suo passo e la sua esperienza per dare giustizia a nostro figlio, indipendentemente dai titoli, dalle responsabilità e dalle colpe che lo riguardano”
prosegue la lettera.
I genitori di Fabrizio Piscitelli ammettono comunque le colpe di Diabolik, che, come si legge nella lettera:
“Aveva imboccato strade assai diverse e lontane nel suo percorso di crescita rispetto a quelle indicate da noi genitori semplici ed onesti”.
I due, entrambi ultraottantenni, invocano l’ergastolo per gli assassini del figlio, che, al momento, sono ancora in libertà.