Il 33enne Innocent Oseghale violentò, uccise e fece a pezzi il cadavere di Pamela Mastropietro, la 18enne trovata morta in un fossato a Pollenza.
La ragazza era fuggita da una comunità di recupero di Corridonia, Macerata, dove stava cercando di disintossicarsi dalla droga.
L’omicidio di Pamela Mastropietro
È il 28 gennaio 2018 quando Pamela Mastropietro, 18enne originaria di Roma, sparisce dalla comunità di Corridonia, a Macerata, dove si trovava da circa 3 mesi per curare la sua tossicodipendenza.
La ragazza lascia la comunità senza portare con sé né telefono cellulare, né documenti.
Il 31 gennaio, 48 ore dopo la scomparsa, una persona di passaggio in quella zona, segnala la presenza di due valigie sospette in un fossato a Pollenza, Macerata.
In quelle valigie viene ritrovato il corpo di Pamela Mastropietro fatto a pezzi.
Due giorni dopo il tragico ritrovamento, grazie alle telecamere di sorveglianza di una farmacia della zona, viene fermato il 33enne (29enne all’epoca dei fatti) Innocent Oseghale.
In Italia dal 2015, il giovane viene accusato di omicidio e occultamento di cadavere. Le successive indagini accerteranno che il luogo dell’incontro tra Pamela Mastropietro e il suo killer erano stati i giardinetti di Via Diaz.
Prima di arrivare lì, la 18enne era giunta con un treno alla stazione di Piediripa. Un taxi l’aveva poi portata ai giardinetti, dove avrebbe incontrato il suo omicida.
Secondo l’accusa, Oseghale avrebbe attirato Pamela con la scusa di uno scambio di droga nella sua casa di via Spalato e l’avrebbe poi trattenuta lì cotro la sua volontà. Il 33enne l’avrebbe prima violentata, poi l’avrebbe uccisa con una coltellata.
Dopodiché, avrebbe fatto a pezzi il cadavere e riposto quel che restava della vittima nelle due valigie ritrovate a Pollenza.
La Cassazione chiede la conferma dell’ergastolo
Come riferisce anche Fanpage, la Cassazione ha chiesto la conferma dell’ergastolo per Innocent Oseghale.
Secondo il sostituto procuratore generale della Cassazione, Maria Francesca Loy, il ricorso presentato dai legali dell’imputato è inammissibile.
“Mi aspetto il massimo della pena per il carnefice di mia figlia. Mi aspetto che le istituzioni si mettano una mano sulla coscienza per riaprire le indagini sui complici di Oseghale”
aveva detto la madre di Pamela agli organi di stampa.
All’epoca dei fatti, con il pusher Oseghale, finirono in carcere altri 3 complici dell’uomo, che sono stati poi scagionati.
In primo grado, il 33enne è stato condannato all’ergastolo con le accuse di omicidio volontario aggravato, vilipendio e occultamento del corpo.
L’uomo ha ammesso di aver fatto a pezzi il corpo di Pamela, ma ha sempre negato di averla uccisa, adducendo la causa della morte a un’overdose di cocaina.