Valentina Salamone aveva soltanto 19 anni quando, il 24 luglio del 2010, venne trovata senza vita in una villetta di Adrano, Catania, con un cappio intorno al collo.
Inizialmente si pensò che la giovane si fosse tolta la vita. Tre anni dopo arrivò la svolta con l’arresto del suo ex fidanzato, Nicola Mancuso.
L’omicidio di Valentina Salamone
Era il 24 luglio del 2010 quando il corpo senza vita di Valentina Salamone, 19 anni, venne trovato in una villetta di Adrano, nel catanese.
La ragazza aveva un cappio legato intorno al collo, il che fece ipotizzare, almeno inizialmente, che la giovane si fosse tolta la vita.
Tre anni dopo arrivò la svolta: venne infatti arrestato, con l’accusa di omicidio colposo, l’ex compagno della donna Nicola Mancuso, 36 anni.
A condurre gli inquirenti nella sua direzione furono le tracce di sangue dell’omicida trovate dai carabinieri dei Ris sotto la suola delle scarpe della vittima.
Nicola Mancuso e Valentina Salamone si erano conosciuti a una festa e avevano iniziato una relazione, ma Mancuso era sposato e padre di 3 bambini.
La sera prima dell’omicidio di Valentina, la 19enne e Mancuso si rividero a una festa di amici e fu in quell’occasione che la ragazza gli confessò di aspettare un figlio da lui.
Il 36enne, forse incapace di portare avanti quella doppia vita, decise di uccidere la sua ex amante, provando poi a simularne il suicidio.
Quando, qualche tempo prima, la moglie del killer aveva scoperto la relazione extraconiugale del marito, aveva intimato alla vittima di tagliare definitivamente i ponti con Mancuso.
La condanna e la richiesta dei familiari
Il 28 gennaio scorso, la prima sezione della Corte di Cassazione ha confermato la condanna all’ergastolo per Mancuso, rigettando di fatto il ricorso dell’imputato.
Il 36enne era stato condannato dalla Corte d’assise di Catania il 19 aprile dello scorso anno.
Al momento, il 36enne è detenuto per scontare una condanna definitiva a 14 anni di reclusione per traffico di stupefacenti.
“Dopo dodici anni, finalmente la parola fine a questo processo, con una sentenza che rende giustizia alla verità. Adesso bisogna identificare l’uomo a cui appartiene il secondo Dna trovato sul luogo del delitto: c’è un assassino che gira ancora libero”
ha commentato il legale dei familiari della vittima, Diego Pastore, dopo la lettura della sentenza.
Nel processo a carico di Mancuso si erano costituiti parte civili i genitori di Valentina Salamone, il fratello e le 3 sorelle della vittima e le associazioni Thamaia e Telefono Rosa.
Sotto le scarpe di Valentina Salamone è stato ritrovato un altro Dna, che non appartiene al killer.
Potrebbe trattarsi di una persona che ha aiutato Mancuso a uccidere la 19enne. La famiglia di Valentina Salamone chiede che si facciano ricerche per scoprire a chi appartenga quel Dna trovato sotto le scarpe della ragazza.