Per la prima volta, parla dal carcere di Bollate, il fidanzato di Chiara Poggi, la 26enne uccisa nel 2007 nella villetta dei suoi genitori a Garlasco.
Alberto Stasi è stato da sempre l’unico indiziato per il delitto della giovane studentessa. Condannato in via definitiva a 16 anni, sta scontando la sua pena nella prigione lombarda.
L’omicidio di Chiara Poggi
Era il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi, studentessa di 26 anni, venne trovata senza vita nella sua villetta di Garlasco, dove la vittima viveva con i genitori, che in quei giorni erano in vacanza, lontani da casa.
Ad allertare i soccorsi fu il suo fidanzato, Alberto Stasi, all’epoca studente della Bocconi.
Il 24enne chiamò il 118, chiedendo l’intervento immediato dei sanitari.
“Un’ambulanza in via Giovanni Pascoli a Garlasco, credo abbiano ucciso una persona. Ma forse è viva, non lo so”,
disse Stasi all’operatore del 118.
Quando i sanitari arrivarono nella villetta di Garlasco, il cadavere di Chiara Poggi era riverso sulle scale della cantina. La ragazza aveva il cranio fracassato.
Esattamente una settimana dopo il delitto, ad Alberto Stasi venne notificato un avviso di garanzia: il reato contestato era quello di omicidio volontario.
Il 26enne venne arrestato il 24 settembre del 2007 e scarcerato 4 giorni dopo per insufficienza di prove.
Stasi viene assolto dall’accusa di omicidio con rito abbreviato, sia in primo sia in secondo grado.
Dopodiché, il 18 aprile del 2013 la Corte di cassazione annulla la sentenza di assoluzione.
Il 17 dicembre del 2014, Alberto Stasi viene condannato in via definitiva a 16 anni di carcere.
L’intervista a Le Iene
Andrà in onda questa sera, su Italia 1, un’intervista esclusiva all’unico indiziato per il delitto di Garlasco.
Dal carcere di Bollate, dov’è attualmente detenuto, Alberto Stasi ha concesso una lunga intervista alle telecamere Mediaset della trasmissione Le Iene, ribadendo nuovamente la sua innocenza.
“Sembrava di remare contro un fiume in piena andando controcorrente, fin dall’inizio: una volta lo scambio dei pedali, un’altra volta il test solo presuntivo, e l’alibi che mi viene cancellato, l’orario della morte che viene spostato”
sono le parole dell’imputato, che oggi ha 38 anni.
Per quanto riguarda la sua condanna, Alberto Stasi si dice convinto degli errori dei Ris di Parma, che erano “un po’ mitizzati” all’epoca.
“Quel momento fu come un punto di non ritorno: non si trattava più di svolgere un’indagine ma si trattava di salvare la propria carriera, la propria reputazione”.
Per quanto concerne il futuro, il 38enne non sembra avere dubbi:
“Ho in mente di mettere a frutto tutte le esperienze negative che ho vissuto, un bagaglio conoscitivo che non può essere acquisito diversamente.”