Fausta Bonino era stata condannata all’ergastolo dal Tribunale di Livorno con una sentenza di Primo Grado, completamente ribaltata dalla Corte di Appello di Firenze.
L’infermiera, che ha sempre respinto le accuse di omicidio, è stata condannata a 18 mesi di carcere per ricettazione.
Secondo l’accusa, la Bonino avrebbe sottratto alcuni farmaci dall’ospedale in cui lavorava, che erano stati poi rinvenuti nella sua abitazione, durante una perquisizione.
La procura generale di Firenze ha fatto ricorso in Cassazione contro l’assoluzione dell’infermiera di Piombino.
Le accuse contro Fausta Bonino e la condanna in primo grado
Il 19 aprile del 2019 era stata condannata all’ergastolo con l’accusa di omicidio plurimo. Fausta Bonino, ex infermiera dell’ospedale di Piombino, era infatti accusata di aver ucciso 10 suoi pazienti, ricoverati nel nosocomio livornese tra il 2014 e il 2015.
Secondo l’accusa, la donna avrebbe somministrato dosi eccessive di eparina ai suoi pazienti, provocandone la morte.
Le vittime di quelle presunte somministrazioni sarebbero stati pazienti del reparto di anestesia e rianimazione dove lei lavorava.
Stando alle indagini della Procura di Livorno, i decessi sarebbero stati causati dall’uso di terapie di eparina, farmaco anticoagulante, che avrebbe provocato delle emorragie nelle presunte vittime e quindi la morte.
La difesa dell’infermiera ha sempre sostenuto l’innocenza della sua assistita, che, dal canto suo, si è sempre proclamata del tutto estranea ai fatti.
La sentenza di assoluzione e il ricorso della Procura
Lo scorso gennaio, nell’aula del Tribunale di Livorno, la sentenza di condanna all’ergastolo in primo grado è stata completamente ribaltata dalla Corte d’Appello.
Fausta Bonino è stata assolta in Appello dall’accusa di omicidio plurimo. Confermata invece la condanna per ricettazione a carico dell’infermiera, la cui pena è stata sospesa.
Durante una perquisizione negli anni delle indagini, erano stati trovati a casa della donna diversi farmaci provenienti dall’ospedale di Piombino, che, secondo quanto poi scoprirono gli inquirenti, erano stati sottratti al nosocomio senza alcuna autorizzazione.
“Per sei anni lunghissimi mi hanno accusato di aver assassinato da 4 a 14 pazienti. Per me ha significato il male assoluto. Non solo come donna e come mamma di due figli, uno dei quali medico, ma come infermiera. Io le vite le ho salvate non soppresse. E solo il sospetto sarebbe stato insopportabile”
aveva riferito a caldo l’infermiera, dopo la lettura della sentenza di assoluzione.
A far pendere l’ago della bilancia per il ribaltamento della sentenza di primo grado, avrebbero contribuito le testimonianze di alcuni medici e infermieri dell’ospedale finito al centro delle indagini.
I quattro avrebbero confermato come fosse facile introdursi all’interno del nosocomio anche senza badge identificativo e quindi chiunque avrebbe potuto somministrare quelle dosi letali di eparina ai pazienti poi deceduti.
Intanto, la Procura Generale ha fatto ricorso in Cassazione contro l’assoluzione dell’infermiera di Piombino.
“La motivazione della Corte d’appello è carente e manifestamente illogica e contraddittoria”
ha spiegato il Procuratore.