La mossa di non presentarsi al Senato, da parte dei Cinque stelle e del leader Giuseppe Conte, e quindi non votare la fiducia al governo Draghi potrebbero causare importanti perdite al Paese, che contava su una serie di riforme messe in cantiere dall’esecutivo.
Infatti, dopo le dimissioni – respinte dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella – del presidente del Consiglio, Mario Draghi, potrebbero stopparsi i progetti sul Pnrr, ma anche gli sconti sulle bollette e sui carburanti.
Crisi di governo, i provvedimenti a rischio: dalle bollette ai 24 miliardi del Pnrr
Tra le cose fatte e quelle messe in agende, la crisi di governo voluta da Conte e dal suo MoVimento 5 Stelle è arrivata come un fulmine a ciel sereno tra Palazzo Chigi e l’Italia intera.
I ministri e il premier in persona sono tanti i provvedimenti che sono stati attuati e pensati in una delle epoche storiche più critiche per il nostro paese e per il mondo intero. Se, infatti, in un primo momento, l’esecutivo ha dovuto tenere le redini in mano per quanto riguarda la situazione della pandemia; da febbraio, ci si è dovuti destreggiare anche con le conseguenze della guerra in Ucraina voluta dalla Russia.
Proprio a causa dell’invasione dell’esercito al soldo di Vladimir Putin, il prezzo della benzina a marzo è schizzato alle stelle. Il governo Draghi, in quell’occasione, per venire incontro agli italiani ha tagliato di 30 centesimi le accise sui carburanti, ma la misura scadrà il 2 agosto e potrebbe non essere prorogata – come era intenzione – se l’esecutivo dovesse cadere.
Anche gli sconti sulle bollette del gas e della luce per le famiglie più povere, in vigore fino a settembre, potrebbero non essere rinnovati per un ulteriore trimestre se Draghi e i suoi ministri dovessero abbandonare la nave.
Ma a rischio ci sono anche i 24 miliardi che l’Italia deve incassare dall’Europa per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). La seconda tranche di aiuti dall’Unione, infatti, arriverà solo se verranno centrati tutti i 100 obiettivi del piano: per il momento ne sono stati messi a segno solo 45. Ne mancherebbe 55 da realizzare entro la fine dell’anno. E senza un governo la strada sarebbe veramente in salita.
Palazzo Chigi, i progetti per il futuro che potrebbero non realizzarsi
Accanto ai tanti progetti e le leggi che già sono stati approvati, l’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce aveva in mente anche altri aiuti per i cittadini. Progetti che potrebbero non vedere mai la luce se, mercoledì alle Camere, Draghi dovesse continuare a scontrarsi con il parere negativo dei pentastellati.
Sotto costante pressione dei sindacati, il premier si era detto favorevole all’introduzione del salario minimo – misura, tra l’altro, appoggiata anche dal MoVimento 5 Stelle. Con un altro esecutivo, magari a guida centrodestra, potrebbe rimanere solo una proposta.
Così come il taglio del cuneo fiscale, pensato e da introdurre per proteggere i salari dall’inflazione. Con il decreto di fine luglio, il governo voleva introdurre in busta paga un ulteriore bonus da 200 euro per i lavoratori. Ma si era deciso di programmare in manovra di bilancio un modo per ridurre la differenza tra il compenso lordo e quello netto, oltre a una riduzione dell’Iva per i beni di consumo.
Accanto a queste misure, c’erano altre riforme nell’agenda Draghi. Sia quella fiscale, sia quella sulla concorrenza, ancora in discussione alla Camera e con il nodo dell’articolo 10 sui taxi da sciogliere. Se, poi, il governo dovesse cadere, non si potrebbe discutere sulla questione delle pensioni: a fine anno scade Quota 102, e si dovrebbe tornare alla legge Fornero.