Tante le celebrazioni in tutta Italia, specialmente a Palermo, per ricordare Paolo Borsellino, il giudice morto trent’anni fa, il 19 luglio 1992, assieme agli uomini della sua scorta nella strage di via D’Amelio. Il magistrato siciliano è stato ammazzato da Cosa Nostra due mesi più tardi del suo compagno di battaglie, Giovanni Falcone
Ancora oggi, a seguito di tanti depistaggi, non si sa chi è stato il mandante dell’omicidio di Borsellino. Il fratello del giudice, Salvatore: “Non ho più speranze di sapere chi ha deciso di uccidere Paolo“.
Strage di via D’Amelio, trent’anni senza conoscere il mandante dell’omicidio del giudice
Era il 19 luglio 1992, esattamente trent’anni fa, quando un ordigno posizionato in una Fiat 126, imbottita di tritolo, esplose in via D’Amelio lasciando senza vita il giudice Paolo Borsellino e gli uomini della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosino e Claudio Traina. Il mandante della strage di Palermo era Cosa Nostra, anche se ancora non si sa il nome e il cognome di chi ha voluto l’uccisione del magistrato siciliano.
Il giudice sapeva di avere le ore contate perché la sua lotta contro la criminalità organizzata, due mesi prima, aveva lasciato senza vita, in un attentato simile, anche il suo compagno di mille battaglie, e specialmente quella alla mafia, Giovanni Falcone. Ripeteva sempre “Ora tocca a me“, e così effettivamente è stato.
Assieme a lui è sparita anche la sua agenda rossa, in cui Borsellino annotava con minuzia di particolari tutto quello che vedeva. Il diario personale del magistrato scomparso, insieme ai vari tentativi di depistaggio che si sono succeduti nel corso degli anni, rimangono uno dei tanti misteri irrisolti dell’Italia che oggi si riunisce per celebrare la morte di Borsellino con la speranza che non succedano più tragedie simili.
Morte Borsellino, il fratello Salvatore: “Ho perso le speranze di conoscere il nome dei mandanti”
Una speranza diversa, sì, che ormai ha perso il fratello del giudice, Salvatore, che oggi, a causa della positività al Covid, non sarà presente a Palermo, in via D’Amelio, vicino alla casa della madre.
“Li chiamano eroi ma sono solo parole vuote, meglio il silenzio“, ha detto all’Adnkronos Salvatore.
Qualcosa resta, però, oltre alla rabbia: “L’amore che mi fa ancora andare tra i giovani, a spiegare, raccontare”.