La macchina è partita e ormai non si ferma più. Il leader del MoVimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, risponde alle parole di chiusura di alcuni dei leader dem e cambia il quadro di alleanze e scenari elettorali. Ecco come stanno le cose in vista del 25 settembre
Giuseppe Conte è al centro dell’agone politico e non potrebbe essere altrimenti, visti gli eventi degli ultimi giorni e l’escalation che ha portato il governo di Mario Draghi a rotolare giù dalle scale. Ma il quadro di alleanze, anche quello che aveva contraddistinto gli ultimi anni, potrebbe essere nuovamente diverso.
Conte non soccombe e cambia il quadro delle alleanze
Conte di destra, Conte di sinistra, Conte di centro. No, Conte il progressista! E non per autodefinizione, su quello non può pioverci. Non è il nuovo ballo dell’estate, tipo Macarena, e neanche una partita di twist, ma semplicemente il quadro delle alleanze, quelle che negli ultimi anni, scanditi dal Rosatellum e dai fronti comuni, ha disegnato nuovi puzzle dai disegni sbilenchi e spingendo con il pollice per far incastrare i pezzi.
Poi una risata e un muscoletto al cielo per legittimare il risultato finale, ma a nasi storti e nervi pronti a diventare tesi. Per farselo andare bene, per responsabilità (che suona come una giustificazione) o per una strategia superiore. Tanto cambia poco, ma cambia tutto e cambia per gli italiani, a cui non sta più bene. E non solo eleggere i parlamentari e non il premier, che questo c’entra nulla.
Fatto sta che di svolte e derapate ne abbiamo viste e raccontate tante negli ultimi anni e ora, a furia di dichiarazioni al vetriolo, un’alleanza, che ancora regge a livello regionale, è sull’orlo di saltare per aria. O è già saltata, ma non ovunque.
La caduta del governo, quello della responsabilità appunto, ha aperto alla rincorsa regionale e sono in molti a essere presi per la giacchetta, tranne il centro-destra (addii nell’area moderata a parte), per cui c’è aria di vittoria e dello stringiamoci un po’ più forte, anche dietro Giorgia nostra, che tocca fare così. E a gomiti stretti e mani dietro la schiena per la futura prima premier donna. Sì, sarà così!
Ma dall’altra parte il vento è un po’ diverso e sa di chiacchiere e salotti, con un retrogusto di pentimento e marcia indietro. Un po’ come una puntata di Game of Thrones, che finisce a spade e tradimenti.
Negli ultimi giorni, dopo il fattaccio e lo sgambetto di Conte all’esecutivo, Enrico Letta ha chiuso ai pentastellati senza lasciare troppi dubbi: “Difficilmente il rapporto verrà ricomposto“. Se poi si ascoltano i sussurri del vento che arriva dal Nazareno la rottura è ancora più netta e insanabile.
Ci ha messo il carico anche Lorenzo Guerini, secondo cui chi è stato a gettare il governo Draghi nella spazzatura “non può essere interlocutore del Pd“. E se non è una chiusura questa… Ma intanto a livello regionale l’alleanza deve resistere per forza: oggi si vota a Palermo, ci sono le primarie Pd, MoVimento 5 Stelle e sinistra per decidere il candidato a presidente della regione Sicilia.
Come chi è costretto in una relazione che prosegue a “ti amo” stretti tra i denti e che a cui appena possibile verrà staccata la spina. A volte da entrambi e stavolta così pare essere.
Il grido ora è comune: “No alla politica dei due forni”
Se dal Pd, quindi, vi abbiamo detto come girano le cose, ora è il turno del M5S che, di certo, a fare la parte del sedotto e abbandonato, proprio quanto tira il vento elettorale, non ci sta.
E nelle ultime ore, a definire il quadro è stato il leader, Giuseppe Conte, e non sono parole banali. L’ex premier, infatti, ha prima sferrato un attacco diretto agli alleati: “Parole arroganti dal Pd” tuona e il riferimento a Letta non è così difficile da capire.
E poi chiarisce, riprendendo anche le parole di Guerini: “No alla politica dei due forni“. La separazione è nell’aria e forse di più, forse si è già concretizzata, dalle voci degli attori in campo.
Conte definisce anche il destino del MoVimento: “Siamo oggettivamente progressisti e non per autodefinizione“. Insomma, l’ex presidente del Consiglio ha sgombrato il campo da amori che più che “difficili”, e non per non scomodare Italo Calvino, sembrano strampalati e duri a resistere oltre le logiche di voto o a forza di singoli provvedimenti. A spintoni e sussurri, con ammiccamenti e tradimenti vari, al primo giro di boa.
L’unico che ha dato ancora spazio a una possibile alleanza è Roberto Speranza, e forse in questo caso cognomen omen: “Hanno sbagliato, ma il nemico è a destra“, ha detto il ministro della salute del governo Conte. E il collegamento, in questo caso, non può essere casuale. Ma non basta a sciogliere il ghiaccio che si è formato in un’estate bollente per clima e ribaltone politico.
Un gelo che ormai sa di Titanic, rottura impossibile da sanare e di alleanza che non conviene più a nessuno. Non per giustificarsi e valorizzarsi agli occhi di elettori delusi, frastornati e sparsi. E in un vento che gira talmente tanto a destra da rendere impensabile un sovvertimento dei pronostici. Nuovi centri permettendo, ma ve ne parleremo tra qualche giorno ancora. O qualcosina in più.