Covid, l’autodiagnosi stravolge i dati: cosa cambia per infezioni e vaccino

Il Covid non smette di imperversare in Italia e nel mondo: a farne le spese è la sanità e i cittadini, ancora alle prese con lavoro, caldo e vacanze che hanno un sapore diverso. L’ultimo report dell’Istituto superiore di sanità parla anche di autodiagnosi e mancate diagnosi: l’evoluzione del virus deve esercitare il buon senso, anche nella lettura dei dati

Medici per il Covid
Medici per il Covid – lettoquotidiano.it

Il Covid non molla la presa, ma neanche gli italiani. E questo è un dato di fatto, perché basta camminare per strada e tra i locali per notare che tutto è cambiato senza che nulla sia cambiato (ma il vaccino è comunque fondamentale).

Senza scomodare la politica e il “Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Perché il virus imperversa ancora, annidato nelle sue goccioline respiratorie (i droplet, per gli esterofili convinti) che vogliono dire doppia linea sul tampone, clausura e sintomi non sempre lievi – se si avvertono -. E comunque è un rischio che oggi in molti hanno deciso di correre, soprattutto i giovani che di freni non ne vogliono e probabilmente ne hanno già troppi. L’Istituto superiore di sanità ne tiene il conto, ma ora rischia di essere sballato, ma in difetto e in qualche riga ci spiega perché, in un’epoca che dai molecolari a tappeto è passata ad autodiagnosi e mancata diagnosi. Analizziamone i significati e le conseguenze.

Il Covid muta e lo fanno anche gli italiani: cosa è cambiato nella convivenza con il virus

Quello che i dati non dicono. No, non è un nuovo brano di Fiorella Mannoia, certamente più attuale, pragmatico e meno profondo. E non è neanche una melodia, di quelle da sorseggiarci vicino un bicchiere di scotch whisky per progettare, riflettere e guardare oltre. È essenzialmente la nuova realtà di un Covid che è differente da quel maledetto 2020 di Wuhan e poi del mondo, e soprattutto dopo l’arrivo del vaccino, la vera svolta nella battaglia contro il virus. E lo sapevamo fin dall’inizio e dai lockdown duri. Dalle traumatiche chiusure, quelle scongiurate dalla sanità e dalla politica negli ultimi mesi. Per andare oltre, appunto.

E a dirlo sono anche gli ultimi dati, quelli riportati dall’Istituto superiore di sanità nel suo consueto report. Innanzitutto, il picco della nuova ondata è stato raggiunto nell’ultima settimana, e questa è una buona notizia, ma non consente di abbassare l’allerta. Non per i soggetti fragili.

Vaccino
Vaccini – lettoquotidiano.it

Il tasso di mortalità nell’arco mensile che va dal 27 maggio al 26 giugno è di circa quattro volte superiore per i non vaccinati rispetto alle persone vaccinate con ciclo completo e da meno di quattro mesi. Dati che variano ulteriormente se si prendono in considerazione i soggetti con booster. E, dunque, complottismi e complottisti a parte, sul vaccino e sulla sua efficacia è impossibile avere dubbi e perplessità, almeno se si parla di scienza. E comunque gli italiani hanno risposto in gran parte presente e non da oggi.

Ma non è l’unico fattore da tenere in considerazione a questo punto della pandemia e soprattutto non rispetto a un anno fa, in cui la campagna vaccinale raggiungeva il suo culmine e la sua stretta finale. Però ora siamo in una nuova fase di convivenza e di varianti a ripetizione. Il virus muta e noi con lui, adeguandoci a una nuova libertà controllata e con qualche rischio in più, ma che profuma di normalità. E, quindi, va bene così, soprattutto per i soggetti meno fragili.

Tornando a noi, se si parla di abitudini, non si può non citare l’autodiagnosi e le mancate diagnosi, concetti molto più pratici che strutturali almeno da sei mesi a questa parte. Perché dall’ondata numericamente enorme iniziata a dicembre scorso, molti italiani hanno avuto esperienza diretta con il virus: e per fortuna ora le file di cinque ore per un tampone molecolare sono un ricordo lontano. Accantonate in nome di un fai da te che diventa faccio da me – e senza tracciamento alcuno – che è un fenomeno da tenere fortemente in considerazione, dal punto di vista sociale e statistico. Il report dell’Istituto superiore di sanità non poteva non tenerne conto.

Reinfezioni in lieve aumento, ma pesano le mancate diagnosi

Bollettini, infetti, morti, guariti: tabelle e numeri, vita di tutti i giorni, che fin dal 2020 ci accompagna nell’analisi della curva pandemica, delle restrizioni, di una convivenza forzata e scomoda. Uno stato di allerta che ora, per la maggior parte, non c’è più ed è mutato in una sorta di autogestione che si regge sul principio della comodità e di ritmi di vita serrati. Che anche il Covid passa in secondo piano. Come quando a scuola, i più popolari – sentendosi invincibili – varcavano la porta della presidenza, pretendendo il controllo dell’istituto, ma solo per qualche giorno. Per sì o per forza, con permesso. Ma qua si parla di sanità e di pandemia.

E comunque (moralismi e paragoni a parte) giusto o ingiusto che sia, sono in molti che hanno deciso, alla comparsa dei primi sintomi o dopo la rilevazione di un contatto stretto, di procedere effettuando tamponi casalinghi, senza tracciamento e diagnosi o addirittura di proseguire la propria vita senza battere ciglio o semplicemente rintanandosi in casa e nascondendo la chiave per una o due settimane al massimo. L’Istituto superiore di sanità nel suo report, a questo punto, valuta anche questo stato di cose e prosegue di conseguenza.

Secondo quanto emerge dalle rilevazioni ufficiali, infatti, le reinfezioni da Covid sono lievemente aumentate dal 11,7% al 12%. Ma allo stesso tempo, sono aumentati anche i soggetti inizialmente asintomatici, passati dal 74% al 76% e questa è una buona notizia. L’Iss, però, specifica: è “verosimile” che siano aumentate le persone che hanno incontrato il processo infettivo e sono sfuggite al monitoraggio, che sia per mancata diagnosi o per autodiagnosi e senza segnalazione.

Se per molti può sembrare un concetto banale, ormai endemico nella nostra normalità, non lo è per chi i dati deve metterli insieme e poi trarne delle conclusioni. Perché un monitoraggio numericamente sfasato ha ricadute dirette sulla veridicità del tasso di infezione, reinfetti e del rischio relativo che ne deriva. Ma poi anche sull’efficacia vaccinale, quasi come l’abuso di anticorpi sia una moda estiva a cui over 60 e fragili non possono sottrarsi. E così non va bene, non serve citare studi autorevoli per capirlo. Un cocktail e un minestrone, che è anche meno attraente di questi periodi.

Se ai dati Covid siamo diventati tutti un po’ più insensibili, leggere il report dell’Istituto superiore di sanità fa comunque riflettere. Il picco è superato, ma la guardia deve restare alta nelle nostre abitudini giornalerie. E occhio che con il vaccino la regola del chi più ne ha più ne metta non vale, senza leggere per forza percentuali e snocciolare statistiche che hanno un po’ stancato e stressato tutti. A proposito del fuori moda e di un’estate calda e diversa.

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