Giorgia Meloni, numeri alla mano, sembra essersi già intascata il ruolo di primo presidente del Consiglio donna. In realtà, però, nonostante i sondaggi a suo favore, ci potrebbero essere dei ribaltamenti di fronte all’interno del centrodestra, con Silvio Berlusconi che tutto vuole fare tranne che stare a guardare. Tornando alla leader di FdI, promessa (e promossa) alla seconda carica dello Stato, dagli Stati Uniti iniziano a sorgere dei dubbi
E a pesare più di tutto il resto, anche della posizione dei suoi alleati, è soprattutto il suo euroscettismo. Oltre a delle posizioni leggermente in linea con il ventennio.
Meloni premier o forse no, Berlusconi prepara le sue mosse
La vulgata, anzi i racconti degli ultimi giorni prima (e poco dopo) la crisi di governo hanno parlato chiaro. A fronte di un Partito democratico depauperato del suo alleato più forte, il MoVimento 5 stelle, il centrodestra è arrivato a Palazzo Madama, il 20 luglio, come un’unica entità, divisa in almeno due teste.
Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, riunione dopo riunione, hanno scelto una strategia comune e l’hanno portata avanti fino alla fine. Il caso (e non lo è) ha voluto che, nella stessa posizione – ovvero non votare la fiducia al governo Draghi – ci fosse anche Giorgia Meloni, leader indiscussa di quello che si candida a essere il partito più votato alle prossime elezioni.
Lo dicono i sondaggi, e quindi i numeri: Fratelli d’Italia, dal misero 4% delle politiche del 2018, si presenta al voto del 25 settembre con un roboante 22,8% – e siamo solo a luglio – così che Meloni possa puntare dritta a quel posto a cui mai nessuna donna ha anche solo pensato: la poltrona di Palazzo Chigi.
O forse no. Perché se da un lato lei venderà cara la pelle per far valere il patto del 2018 (chi prende più voti, esprime il presidente del Consiglio), e che appoggia anche il numero uno della Lega, dall’altro c’è un Cavaliere che, anche all’alba dei suoi 86 anni, vuole tornare a governare in prima persona.
Ne ha i diritti ora: i quattro anni, dal 2013, di interdizione dai pubblici uffici e l’incandidabilità dopo la condanna per frode fiscale (effetto della legge Severino) sono trascorsi, e lui, il redivivo Silvio, vuole tornare là.
Come dieci e vent’anni fa, anche trenta, Berlusconi promette: pensioni, tasse e alberi sono i suoi nuovi (vecchi) cavalli di battaglia. E per uno che ha amministrato la cosa pubblica per molti anni, vincendo le elezioni, la campagna elettorale potrebbe sparigliare molte carte in tavole, nel centrodestra.
Come andrà a finire, ancora, non si sa. Una riunione, ben più formale di quella di ieri tra Meloni e Berlusconi, ci sarà entro la settimana prossima. Con Salvini, si dovrà pensare, oltre a chi diventerà eventualmente il prossimo premier, anche come dividersi i vari collegi.
Meloni premier, i dubbi negli Stati Uniti per le posizioni della leader di FdI
In linea teorica, e manco del tutto, dagli Stati Uniti hanno iniziato a studiare il profilo di Meloni. Sarda da parte di padre, siciliana da quella di madre, Giorgia nasce a Roma nord, e poi si trasferisce in quella Sud, alla Garbatella.
Fin da giovanissima, capisce da che parte stare: a 15 anni entra nella Fronte della gioventù, organizzazione vicinissima al Movimento Sociale Italiano. Quattro anni dopo, è responsabile nazionale di Azione studentesca, e quindi ad Alleanza Nazionale. Viene eletta prima alla provincia di Roma, poi alla Camera dei deputati con il partito di Gianfranco Fini. Entra a far parte del quarto governo Berlusconi, in qualità di ministra per la Gioventù, poi, in disaccordo con il presidente di Forza Italia, fonda il suo partito: FdI, appunto.
Che il curriculum parli per sé non è sfuggito né al New York Times, né per Foreign Policy. Ma a preoccupare sono soprattutto le posizioni euroscettiche, condite anche da un po’ di indecisione sul Patto atlantico, e anche un nazionalismo che la fa andare a braccetto con la destra europea più reazionaria.
Tra gli alleati del centrodestra, Meloni sembra essere quella meno filo-putiniana, e di questi tempi conta più di tutto, è vero, ma dall’altra, a Washington, non vedono di buon occhio chi si mette di traverso rispetto alle posizioni dell’Unione europea.
E poi c’è quel motto, di mussoliniana memoria, quel “Dio, patria e famiglia” che sì, fa storcere non poco il naso oltreoceano. Se sarà lei, però, la prima presidente del Consiglio donna, quel naso, se lo dovranno otturare.