La caduta del governo Draghi, e quindi l’impossibilità di fare riforme, e le conseguenti elezioni potrebbero far perdere all’Italia dei soldi, quelli del Pnrr. Questo assunto è stata ripetuto come un mantra dal presidente del Consiglio dimissionario durante il suo discorso al Senato per chiedere la fiducia all’esecutivo
In realtà, però, la terza rata dovrebbe comunque arrivare, ma si perderebbe la possibilità di richiedere i fondi fino al 2026.
Pnrr ed elezioni anticipate, come l’Italia rischia di perdere parte dei fondi dell’Ue
Lo spauracchio delle elezioni anticipate non ha più lo stesso sapore, in Italia. Se in passato si è parlato di attaccamento alla poltrona per evitare di perdere i soldi del vitalizio che, come abbiamo già visto, non verranno persi dai neo parlamentari in questa legislatura, ora ci sono dei problemi legati ai fondi che l’Europa ha destinato ai Paesi membri per arginare le conseguenze della crisi pandemica.
Sì, stiamo parlando del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che non tiene conto dell’immobilità politica dovuta alle consultazioni elettorali, e quindi non autorizza lo stop alle richieste semestrali per i prestiti e le sovvenzioni europee. La misura ha una sua ratio: evitare che il colore politico dei governi in carica nei vari stati incida sull’esborso di denaro previsto dall’Unione europea, riferiscono fonti interne all’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen.
Ma, c’è un ma. Perché, come recita l’articolo 24, al comma 2, del regolamento sul Recovery Plan “dopo aver raggiunto i traguardi e gli obiettivi concordati e indicati nel piano, lo Stato membro presenta alla Commissione una richiesta debitamente motivata relativa al pagamento del contributo finanziario e, se del caso, del prestito. Gli Stati possono presentare tali richieste di pagamento due volte l’anno“.
In parole povere, l’Italia, per mano del ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, ha inviato il 30 giugno la richiesta per la seconda tranche di soldi da 21 miliardi di euro avendo raggiunto i 45 obiettivi previsti. L’Ue ora valuta e darà una risposta tra fine agosto e inizio settembre, ma ogni sei mesi ci sono altri dei nuovi punti programmatici che devono essere raggiunti – entro il 31 dicembre sono 55 – per poter fare richiesta, e quindi ricevere i soldi dopo il check dell’Ue.
Qualora non venissero centrati entro la fine dell’anno, non si incorrerebbe in alcuna penalità, e si potrebbe presentare domanda entro il secondo semestre dell’anno successivo, ma si creerebbe un effetto domino, dovuto al tetto di due domande annuali, che comporterebbe alla rinuncia dell’ultima tranche di aiuti, prevista per il 2026.
Pnrr ed elezioni, la situazione negli altri paesi dell’Ue
La situazione dell’Italia è piuttosto particolare rispetto agli altri stati membri dell’Unione europea che hanno chiesto i soldi del Pnrr. Il motivo principale è dovuto alla quantità di fondi richiesta: 191,48 miliardi nel quinquennio 2021-2026 contro, per esempio, i 4,7 miliardi dei Paesi Bassi.
E proprio l’Olanda potrebbe rappresentare un caso studio. Bloccata dalla difficoltà di formare un governo, ha presentato il piano solo all’inizio di luglio, in accordo, però, a quanto previsto.
Tra i Paesi che, invece, non hanno ancora avuto il via libera per il Piano nazionale di ripresa e resilienza c’è l’Ungheria. La Commissione, infatti, è piuttosto perplessa delle riforme approvate dal governo di Victor Orban, e quindi ancora non ha ricevuto i soldi.