Il centro, magnifica creatura mai davvero rappresentata in Italia, potrebbe essere l’ago della bilancia delle prossime elezioni politiche. Potrebbe sparigliare le carte o, più probabile, potrebbe consegnare il Paese in mano al centrodestra se non si trovano accordi per formare alleanze preelettorali. Da Carlo Calenda passando per Matteo Renzi e arrivando fino a Luigi Di Maio, cosa ci dobbiamo aspettare dal nuovo polo?
Ma soprattutto, al di là dei nomi noti, c’è qualcun altro che si identifica al centro e che potrebbe fare al caso nostro? Tutte le risposte, più o meno, che stavate cercando.
Calenda, Renzi e Di Maio: affinità e divergenze con il Pd (e non solo)
Il primo album dei CCCP, storico gruppo di punk rock degli anni Ottanta, si chiama “Affinità-divergenze tra il compagno Togliatti e noi“. Che c’entra?, direte. Forse niente o forse tutto: niente nello specifico, tutto se si vuole spiegare il centro, come schieramento politico, italiano.
Un posto affollato, poco conosciuto dai più, ma soprattutto dal peso specifico immenso, considerato che, se si uniscono tutte le varie conformazioni politiche che si muovono all’interno, vale almeno il 15% dei voti. Che potrebbero essere anche di più se se ne capisse l’agenda, il programma e, talvolta, anche i leader.
Partiamo dal più famoso, o dal più controverso: Matteo Renzi. Ecco, il presidente di Italia Viva, ex segretario del Pd, anche ex presidente del Consiglio in quota dem, e ultimo candidato allo scranno di Palazzo Chigi per la formazione del centrosinistra, è un enigma. Divisivo tanto per il partito di Enrico Letta, quanto per le altre compagini che abitano quella terra di mezzo con lui.
L’ultimo atto da uomo di centrosinistra l’ha compiuto suggellando la nascita del secondo governo Conte, tra agosto e settembre del 2019. Il 18, poi, ha abbandonato il Partito Democratico e ha creato, appunto, IV, che si dichiara liberal-democratico, riformista, femminista e in forte contrapposizione al nazionalismo e al sovranismo. Perfetto, insomma, nonostante le percentuali piuttosto basse dei sondaggi (2,5%), sulla carta per entrare a far parte della coalizione di sinistra.
E invece no, perché frizioni personali tra Letta e Renzi a parte, il matrimonio appare più lontano che mai – a breve, si vocifera, arriverà anche un comunicato di IV in cui verrà detto che correranno da soli – anche perché pregiudicherebbe altre alleanze al PD.
Una su tutte quella con Luigi Di Maio. L’ex capo politico del MoVimento 5 Stelle, già prima dell’apertura della crisi di governo, ha salutato i suoi amici (rendendoli nemici?) e, assieme a 50 deputati e undici senatori, ha creato Italia per il futuro. Due i leit motiv che muovono la nuovissima formazione, nata solo a giugno: agenda Draghi e netta contrapposizione a Giuseppe Conte e Matteo Salvini.
Che, guarda un po’, sono più o meno gli stessi diktat che guidano Carlo Calenda e il suo Azione, già alleato di +Europa di Emma Bonino. Il candidato a sindaco di Roma – che di fretta e furia è comunque riuscito a portare a casa un bel 19%, più dell’uscente (e grillina) Virginia Raggi – sembra avvicinarsi ogni giorno di più a far parte delle coalizione di centrosinistra.
In diverse interviste, il 49enne ex Pd ha ribadito che la massima distanza ci sarebbe stata se il suo vecchio partito si fosse alleato con i Cinque Stelle ma, ora che qualsiasi riavvicinamento tra le due compagini del governo giallorosso sembra scongiurato, un nuovo accordo è possibile.
D’altronde, Calenda potrebbe portare in dote alla causa ben 4,8 punti percentuali, appena la metà del MoVimento 5 Stelle che in una sola settimana ha perso lo 0,3% dei consensi (stando ai sondaggi, ovviamente).
Con Renzi che si è fatto fuori da solo – la speranza è quella di riuscire a prendere più voti, non dover stare dietro le percentuali per la soglia di sbarramento, e quindi esprimere quanti più parlamentari è in grado -, non è ancora tramontata l’idea di un mega assembramento “repubblicano” e di unità nazionale in cui potranno sedersi insieme anche il romano e l’ex ministro degli Esteri.
Elezioni 25 settembre, al centro ci sono anche altri partitini
Sorte simile (o forse no) dei tantissimi altri partitini che non si schierano né a destra, né a sinistra, ma che ammiccano un po’ all’una, un po’ all’altra.
Il partito del governato della Liguria, Giovanni Toti, Italia al Centro, oltre a essere appena nato dalla scissione di Coraggio Italia, è un esempio emblematico di vicinanza a Forza Italia per certi versi, e lontananza assoluta per altri.
Toti è stato coordinatore del partito di Silvio Berlusconi del passato, uscendo però nel 2019 per divergenze. Ora, invece, è stato uno dei primi a puntare il dito contro il Cavaliere e Salvini per aver fatto cadere il governo Draghi. Ad aumentare le distanze c’è la volontà del governatore ligure di non andare “a promettere scostamenti di bilancio con questo debito pubblico o passi indietro sulla collocazione europea e atlantista del paese“. Occhiolino all’agenda dell’ex presidente della Bce? Assolutamente sì.
Poi ci sono Facciamo Eco, Centro Democratico di Bruno Tabacci, Noi con l’Italia di Maurizio Lupi, Alternativa popolare (ex Nuovo Centrodestra), Identità e Azione di Gaetano Quagliarello e, ancora, Vinciamo Italia di Marco Marin. Tranne i primi due, tutti gli altri sono molto più vicini al centrodestra che al centrosinistra, e il loro ruolo potrebbe essere quasi ininfluente alle elezioni del 25 settembre.
Ancora però ci sono delle cose da sistemare. E il tempo stringe per presentare le liste e i candidati ai vari collegi. Piccolissima deadline: tra il 12 e il 14 agosto si dovranno presentare al Viminale i simboli degli schieramenti, mentre il 21 e il 22 agosto nelle Corti d’appello si dovranno far avere nomi, firme e liste dell’uninominale. E poi sarà solo ed esclusivamente campagna elettorale, e senza esclusione di colpi.