La guerra tra Ucraina e Russia è arrivata a uno snodo cruciale e al centro ci sta anche l’accordo sul grano, che riguarda direttamente anche la Turchia e le Nazioni Unite. L’attacco al porto di Odessa sembrava aver cambiato (e drasticamente) le cose, ma ora il Cremlino precisa che l’ennesimo affondo militare non riguarda direttamente l’export. Ecco le ultime novità a riguardo
Vladimir Putin da una parte, Volodymyr Zelensky dall’altra. Senza esclusione di colpi e, ormai da 150 giorni, con chi assale e chi subisce. A parte qualche reazione, che comunque è decisamente importante per le dinamiche del conflitto e una resistenza, quella ucraina, che continua. Di recente, era arrivata la stretta di mano per un accordo pesante, quello riguardante l’export del grano, ma l’attacco al porto di Odessa (che ha anche una zona commerciale) sembrava aver messo già in dubbio l’intesa. Dal Cremlino, però, arriva una precisazione piuttosto importante per le sorti del mondo.
Guerra Ucraina-Russia, l’accordo per il grano e le sorti del conflitto
È estate e il caldo è torrido in Italia ( ma siamo sicuri che non valga solo per noi), per chi sta al mare e in città di sicuro. Forse si salva chi ha optato per la montagna. Ma questa sensazione di sudore e sete, lacrime finte e letti bollenti ci accomuna un po’ tutti. E ci attanaglia, soprattutto se, intanto, tra un latte di mandorla e una bibita zuccherata, si leggono le principali notizie degli ultimi giorni.
E lasciamo stare l’agenda politica del nostro Paese, che già ve ne stiamo parlando tanto e in ogni caso non c’entra direttamente. O forse un po’ sì, ma non importa del tutto. Perché se si fa ruotare il mappamondo sulla scrivania con un gesto lento e non troppo vigoroso, puntandolo a Est, alla fine il dito si può fermare in Ucraina e quindi in Russia. Che gli attori principali li si conoscono già, ma sono antagonisti e non smettono di deludere gli spettatori: che la guerra è comunque una delusione e poi una sconfitta. Perché è lì dove la geopolitica mondiale sta usando cannocchiale ed elmetto (oltre alle armi di guerra), dove purtroppo i morti continuano ad aumentare e la situazione comunque non si sblocca. E, quindi, la diplomazia non funziona.
Che un conflitto lampo non è stato e non sarà, e ora l’hanno capito praticamente tutti. Le ultime cronache di guerra raffigurano una fase senza esclusioni di colpi e in cui comunque accordi e strategie sono comunque fondamentali per capire che sorti prenderanno le cose nel prossimo futuro. Ma i missili non si bloccano e la furia di Putin non si arresta, tra depistaggi, intenzioni rimangiate e annunci stretti sui denti e che si traducono in bugie belle e buone. Tanto che ancora non sappiamo se la reale intenzione dei russi sia allargare il raggio della guerra al di fuori del Donbass. E secondo l’Intelligence britannica, per ora, non è così.
E comunque, se gli uomini di Zelensky sono riusciti ad accerchiare le milizie avversarie a Kherson, più a meridione sul mappamondo di cui stavamo parlando, la risposta è arrivata (forte e ahimè violenta) al porto di Odessa. Ci troviamo vicino al Mar Nero. E questo è molto importante, dato che si tratta di uno snodo commerciale cruciale. Commercio che, in questo caso, fa rima con export e con la questione grano. E questo interessa tutto il mondo, non sono noi europei, gli statunitensi e all’Est. E non solo per economia, ma per umanità.
Senza il patto siglato un paio di giorni fa tra Putin e Zelensky per sbloccare tonnellate e tonnellate di risorse per la Turchia, e con la sponsorizzazione delle Nazioni Unite, si rischia una crisi alimentare a livello globale. Come non ci fossero già abbastanza problemi. E questo cosa c’entra con l’attacco a Odessa? Beh, lanciare missili contro il porto da cui dovranno partire le risorse non è proprio il miglior modo per festeggiarlo, tale accordo. Ma oggi la situazione è nuovamente cambiata, secondo quanto riferisce il Cremlino, e (nel caso) sarebbe un’ottima notizia.
L’accordo sul grano e la cronaca di una guerra senza fine
È nostro dovere metter luce sulla questione e quindi analizzare posizioni ufficiali, sottintesi e possibili scenari futuri. Senza pretendere di avere la sfera di cristallo per predire ciò che accadrà, ma trasmettendone comunque il peso.
Insomma, andiamo con ordine. La Russia è chiara (a modo suo) sulla questione grano: dal Cremlino filtra, infatti, che l’intenzione era distruggere una nave da guerra ucraina e un deposito di missili, nulla che vedere con la questione export e commercio. Almeno ufficialmente, Putin non ha intenzione di fare marcia indietro e tirarsi indietro, almeno su questo. Ma sappiamo bene di non poterci fidare, dopo 150 giorni di conflitto e in cui di ribaltoni ce ne sono stati tanti, depistaggi pure e soprattutto tradimenti. Piani disattesi e dichiarazioni buttate alle ortiche, con una buona dose di propaganda e demagogia, che quelli ce ne sono in abbondanza in dispensa per sbriciolarli su.
Un giochetto che il mondo ha già capito e che è ormai una strategia sdoganata del Cremlino. Ma torniamo a noi. La Russia, quindi, dice di voler rispettare l’accordo. E intanto l’Ucraina si prepara, per forza di cose. Secondo quanto riporta un ministro di Kiev, già in settimana sono attesi i primi carichi di grano che lasceranno il Paese. E sarebbe una notizia molto importante.
Il grano, però, non è affatto l’unico campo d’azione su cui si muove una guerra che sta diventando sempre più una battaglia per le risorse. E intendiamo per tutti gli spettatori che si affacciano alla finestra, aiutando ma senza poter interferire direttamente e guardare cosa succede in casa altrui. L’Italia, ovviamente, è compresa tra queste.
Infatti, in queste ore, è molto caldo anche il tema relativo l’importazione di gas. E qui il mappamondo torna a Ovest, ma neanche tanto, nel cuore del Vecchio Continente. Lo zoom è puntato verso Ursula Von der Leyen. La presidente della Commissione Ue ha annunciato ufficialmente che sarà fissato un tetto massimo per il prezzo del gas che deve essere importato. Una richiesta che era arrivata dai massimi leader e che, ora sì, è stata accolta. Ma che comunque rappresenta solo un aspetto di una battaglia, quella per risorse, che costituisce una guerra nella guerra. E che più si andrà avanti, più diventerà cruciale, tra sfinimento e necessità altrui.
E non finisce qui, perché è la Russia che non si ferma qui. Dal Cremlino non pare esserci nessuna intenzione di mettere da parte le armi, anzi. Le ultime ore sono cronaca triste e drammatica di nuovi attacchi e militarmente pesanti. I missili russi, infatti, sono piombati su Zaporizhzhia, e Sumy è stata colpita addirittura 30 volte in un giorno.
Numeri che non scriviamo a cuor leggero, ve lo assicuriamo, e che costituiscono ormai cronaca fredda, vuota e a tratti (per alcuni) ridondante. Si sta quasi svuotando di significato, ma solo per abitudine. E vuol dire morti e distruzione. Tutto ciò che ci saremmo augurati non avvenisse e da cinque mesi a oggi: quando tutto è iniziato e il mondo sperava finisse. A prescindere dalle risorse, dal grano, dal gas. Perché le vite hanno un peso e ora non possiamo proprio dimenticarcelo e far finta che sia la normalità. Per non adeguarci a una falsa normalità, che puzza di tutt’altro.