Dopo i primi allarmi lanciati negli Stati Uniti, continuano le preoccupazioni negli States per quanto riguarda il possibile nuovo premier dell’Italia. Stando ai sondaggi, infatti, Giorgia Meloni potrebbe essere incoronata come prima presidentessa del Consiglio, ma se la leader di Fratelli d’Italia gode di ottima stima qui da noi, dal Washington Post pensano che sia un po’ “post fascista”
L’editoriale di Ishaan Tharoor, esperto di politica estera, parla proprio di questo nella sua analisi sul programma elettorale del partito e quindi di Meloni.
Elezioni 25 settembre, il Washington Post avverte: “Italia potrebbe essere governata da post fascisti”
Lo scioglimento delle Camere e le elezioni elettorali del 25 settembre, in Italia, ovvio, hanno messo un po’ tutti di fronte a un’evidenza, che al momento rimane ancora un’eventualità: Giorgia Meloni è forte. Ha i sondaggi dalla sua, e potrebbe essere la prima presidente del Consiglio donna.
I primi a essersi spaventati sono stati i leader della futura coalizione di centrodestra, che ancora tentennano nell’ammettere che sarà lei la candidata a Palazzo Chigi (e che probabilmente non rimarrà neanche tale). Anche il Partito Democratico, pur non essendosi dichiarato già sconfitto, ha visto nella numero uno di Fratelli d’Italia l’avversaria più temibile.
Poi, i giornali hanno fatto analisi. Anche all’estero, in particolare dagli Stati Uniti. Già sabato qualche commento d’oltreoceano aveva iniziato a far luce su chi è Giorgia Meloni, tra passato e presente, e anche futuro. Oggi, però, un intero editoriale del Washington Post ha analizzato più a fondo il programma elettorale del partito, tanto da definirlo post fascista.
“Fratelli di Italia non è un movimento fascista, come la carismatica leader dell’estrema destra italiana Giorgia Meloni insiste a ripetere. Ma non sono neanche non fascisti“, inizia Ishaan Tharoor nel suo pezzo che si intitola: “L’Italia sta per essere governata dai ‘postfascisti’“.
Washington Post: “Meloni conta su alcuni discendenti di Mussolini come suoi alleati”
Il problema, secondo il giornalista esperto di politica estera del Washington Post, è tanto nel programma di governo di Meloni che, “come altri neofascisti europei“, attacca l’immigrazione e difendono l’identità nazionale, quanto nel fatto che Fratelli d’Italia “trae le sue origini da un passato decisamente fascista, in questo caso dal Movimento Sociale Italiano, fondato sulle ceneri della sconfitta della seconda guerra mondiale nel 1946 dai sostenitori del dittatore giustiziato Benito Mussolini“.
Ecco, un altro punto sviscerato da Tharoor è proprio quello che riguarda la vicinanza della leader con il Duce perché, scrive, “conta alcuni dei discendenti di Mussolini come suoi diretti alleati e usa ancora lo stesso emblema una volta adottato dagli eredi della sua politica“.
Un tempo questo non sarebbe stato un problema, afferma ancora, ora invece la probabilità che Meloni diventi la “prima premier donna d’Italia” è tutt’altro che remota proprio per via di quei sondaggi di cui vi parlavamo prima e che non sono passati inosservati neanche negli Stati Uniti.
Ma soprattutto a causa dell’instabilità governativa che viviamo dal 2018 che è culminata nella caduta del governo del “tecnocrate Mario Draghi” di cui, ricorda bene l’editorialista, non faceva parte Fratelli d’Italia. “Hanno sfruttato una palude di malcontento pubblico per i problemi di lunga data dell’Italia, inclusa la radicata disoccupazione giovanile“, spiega Tharoor i motivi della crescita di Meloni e dei suoi.
Se dovesse vincere, come sembra, l’ex candidata sindaca di Roma supererebbe anche Marine Le Pen del Front National – una figura che in Francia è andata molto vicina a governare, ma che non è mai riuscita a farlo, e che si colloca politicamente accanto alla leader di FdI – e lo farebbe perché qua da noi ha più terreno fertile che altrove perché l’Italia è “fortemente indebitata, socialmente polarizzata e politicamente instabile“. Insomma, un paradiso perché l’estrema destra ribelle riesca ad avere la meglio.
Anche alla luce di questo, c’è da domandarsi (e il giornalista lo fa) come si potrebbe sposare un governo guidato da Meloni con l’establishment liberal dell’Europa. Innanzitutto c’è da chiedersi come comportarsi con Vladimir Putin.
“Un governo Meloni potrebbe essere considerevolmente meno entusiasta di sostenere lo sforzo bellico ucraino contro la Russia di quanto non lo fosse Draghi, anche se nelle ultime settimane si è sforzata di sottolineare le sue credenziali atlantistiche“, scrive. E poi ci sono i diritti Lgbtqi+, in cui le posizioni di Fratelli d’Italia sono molto lontane da quelle dell’Occidente più progressista.
Tharoor ammette, però, che da Silvio Berlusconi, probabile alleato di governo, potrebbe essere messo un freno alle politiche più conservatrici che ha messo nero su bianco Giorgia Meloni nel suo programma politico. D’altronde, benché forte, ha comunque bisogno di Forza Italia e Lega per poter avere i numeri per governare.
La lunga e precisa analisi si conclude con una profezia, che potrebbe non essere molto lontana dalla realtà.
“L’Italia ha anche una straordinaria capacità di costruire e bruciare i politici. Per Meloni, infatti, diventare il prossimo premier – se davvero dovesse accadere – potrebbe rivelarsi un calice avvelenato“. E ne sanno qualcosa i Cinque Stelle, colati a picco dopo il 33% delle ultime politiche, e lo stesso Salvini. Con il vento in poppa fino a quando non è arrivata Meloni e, prima ancora, il Covid.