Il capo politico del MoVimento 5 stelle spiega come andranno le cose per tutti i parlamentari, come Alfonso Bonafede e Paola Taverna, che sono stati eletti per due legislature: “Non è un diktat – dice – ma lo spirito della regola sarà in ogni caso salvaguardato”, perché afferma poco dopo la comunità pentastellata mette a fondamento la dignità della persona
Nell’intervista apparsa oggi sul Corriere della Sera, il leader dei Cinque stelle, responsabile della crisi di governo che ha poi mandato a casa l’ex presidente della Bce, Mario Draghi, parla anche dei suoi ex alleati del Partito Democratico, augurandogli buona fortuna.
Conte: “Doppio mandato? Verrà rispettata la regola”
La campagna elettorale è iniziata, ma prima c’è più di qualcosa da sistemare, a destra, a sinistra, in centro. Nel MoVimento 5 stelle. Tra alleanze, candidati premier che ancora non sono stati ufficializzati, il partito di Giuseppe Conte ha una grana in più da sbrigare prima del 22 agosto, giorno in cui devono essere presentati in Corte d’Appello i nomi di chi potrebbe sedersi in Parlamento nella prossima legislatura.
Ovvero le liste con i candidati alle prossime politiche del 25 settembre. Sia chiaro, con il taglio dei parlamentari, scesi da 945 a 600, tutte le formazioni politiche dovranno farsi i conti bene, specie per i collegi uninominali. Ma il MoVimento deve ancora capire se quella regola sul vincolo del doppio mandato sarà davvero vincolante o meno nel proporre determinati nomi, e figure soprattutto.
Il garante e fondatore, il comico genovese Beppe Grillo, solo sabato, in un video sul suo blog, ha ribadito come non ci sarà nessuna deroga per chi ha già prestato servizio come parlamentare per due legislature. La sua parola – ormai – non vale più oro, o almeno non è l’unica di cui si deve tenere conto, soprattutto perché ci sono nomi illustri di questi ultimi dieci anni che rischiano davvero di non avere più un posto tra Montecitorio e Palazzo Madama.
Roberto Fico, per esempio. L’attuale presidente della Camera è al secondo mandato e potrebbe non comparire più nelle liste con il segno dei Cinque Stelle. Poi c’è il presidente della commissione Affari costituzionali sempre della Camera, Giuseppe Brescia, l’ex ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.
C’è la ministra della Sanità del governo gialloverde (quello con Lega, per intenderci), Giulia Grillo, l’ex titolare del ministero delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, ci sono Riccardo Fraccaro, Vito Crimi, Paola Taverna. Tanti, troppi politici che con la regolina dovranno tornare al loro impiego.
O forse no. Perché oggi, in un’intervista al Corriere della Sera, Conte ha aperto se non una porta, quantomeno uno spiraglio di speranza a tutti questi illustri personaggi che hanno popolato le aule del Parlamento per quasi un decennio. Piccola postilla: Luigi Di Maio, anche lui arrivato al doppio mandato, ha abbandonato la nave e non dovrà più fare i conti con nessuno, Grillo in primis.
Dicevamo, comunque, delle parole del leader pentastellato. “Questa settimana chiuderemo la partita sulla questione del doppio mandato, che è importante per il M5S ma forse genere poco interesse fuori”. In realtà non è proprio così, ma non saremo certo noi a contraddire l’ex presidente del Consiglio di ben due esecutivi.
Eccolo, lo spiraglio: “Non è un diktat, ma lo spirito della regola sarà in ogni caso salvaguardato”, che significa tutto e non significa niente, però lascia intendere che se ne discute, e si continuerà a farlo, perché quei tanti personaggi di cui si è accennato prima fanno parte di “una comunità che pone al suo fondamento la dignità della persona”.
“Nessuno di coloro che sono rimasti ha gettato la spugna – afferma ancora Conte -. Non manderemo in soffitta chi per dieci anni ha preso insulti per difendere i nostri ideali e per contribuire in Parlamento a realizzare le nostre battaglie. Una cosa è certa, la loro esperienza sarà in ogni caso preziosa“.
Chi, invece, potrebbe essere tranquillamente eletto tra le fila del partito dell’Avvocato del popolo è Alessandro Di Battista. L’ex deputato ha scelto di non candidarsi per le politiche del 2018, probabilmente per non bruciarsi subito, ma ancora non è chiaro se ci sarà per quelle del 2022.
Nel corso di questi quattro anni, tra il simpaticamente detto “Dibba” e il MoVimento 5 Stelle c’è stato un rapporto di “odi et amo”, con tirate di orecchie pubbliche da parte del romano ai suoi ex compagni di partito e poi l’uscita di scena ufficiale dopo che si è deciso di appoggiare il governo Draghi.
La crisi e poi la caduta dell’esecutivo potrebbero aver fatto cambiare idea a Di Battista, ma c’è da capire se le sue posizioni, ora, sono in linea con quelle di Conte, che sull’argomento dice: “Non ci sentiamo da tempo, ma lo faremo presto. La nostra è una comunità aperta al contributo di tutti, ma rispetto al passato la linea politica si decide negli organi preposti e poi si rema tutti dalla stessa parte. In politica estera la nostra posizione ad esempio è stata sempre chiara: collocazione euro-atlantica, ma senza inginocchiamenti”.
Della serie: “Parliamone, certo, ma qua non c’è spazio per personalismi e dall’Europa non si esce”.
Conte: “Auguro il meglio al Pd, ne avrà bisogno”
Tra le cose che sono state sistemate e quindi archiviate in vista delle elezioni del 25 settembre, c’è l’alleanza con il Partito Democratico, con cui Conte ha governato da settembre del 2019 a febbraio del 2021 in prima persona. A livello locale qualche volta si è corso insieme, e così sembrava dovesse essere anche a livello nazionale, poi la scollatura con l’esecutivo di Draghi ha cambiato di molto le carte in tavole. E quindi, “è stato bello, ma non ci sono più i presupposti per continuare insieme”.
Proprio su questo, il leader del M5S commenta: “Auguro al Pd e a tutti i suoi numerosi compagni di viaggio buona fortuna, ne avranno bisogno. Noi siamo un’altra cosa rispetto a questa affollata e confusa compagnia: il nostro sguardo non si è mai fermato ai salotti buoni delle Ztl, su questo siamo sempre stati chiari“, e non risparmia neanche una stoccata a Enrico Letta e a tutto il partito che intende invece allearsi con altre compagini.
“Chiarezza che manca totalmente al campo largo. Come pensano di conciliare il liberismo sfrenato di Calenda con le politiche sul lavoro di Orlando? – si domanda Conte. Insomma, lui, Conte, ha le idee chiare.
Così chiare che lancia una sfida sia al centrodestra, sia ai vecchi alleati: “Saremo in tre a contenderci la guida del Paese. Quello che noi proponiamo, in antitesi al centrodestra e al campo dell’agenda Draghi, è un ‘campo giusto’, il campo della giustizia sociale“, conclude.