Il centrodestra è arrivato a un bivio decisivo per la scelta del nuovo premier. Sono ore importanti e di confronti serrati all’interno della coalizione per poi dare alla luce il nome condiviso. La giornata di oggi potrebbe rappresentare una svolta sostanziale per in vista delle prossime elezioni
La caduta del governo Draghi ha dato il via a una lunga serie di confronti e balletti elettorali che porteranno al verdetto delle urne e alla decisione finale relativa il nuovo premier. Il centrodestra ne è la chiara dimostrazione e sono ore cruciali per quella che sarà la scelta finale.
Il centrodestra si muove: sono ore di addii e scelte decisive
Avete presente i terremoti? Sì, i terremoti. Quelli che arrivano all’improvviso, dal suolo e con vari epicentri, nel mare anche. Più o meno in profondità. E da lì inizia quell’incertezza, quel terrore, quella paura che scatta in automatico e che in fondo non è altro se non una domanda esistenziale, un che ne sarà di noi. E che lascia dentro quel senso di vuoto e dell’essere minuscoli rispetto al tutto. E che va ben oltre la magnitudo.
Questa allegoria ci conduce alla cronaca di questi giorni, alla politica dell’Italia s’è desta… verso le urne. Che comunque, diciamocelo chiaramente, nessuno se l’aspettava ed è quello che altri hanno deciso anche a nostre spese. Di staccare la spina e guardare un po’ più in là rispetto a Mario Draghi e ai suoi, che comunque bene non l’hanno potuta prendere.
Il resto lo sapete e più che un terremoto ha preso le sembianze di un tornado. Quel tornado in cui pezzi grossi del Parlamento del nostro Paese hanno messo i piedi e hanno iniziato a girare, su loro stessi e intorno agli altri. Ma senza insalate miste e macedonie, e con grande attenzione a dove poggiare i piedi per non finire nel burrone. Che ognuno ha il suo risvolto e ognuno ha il suo scenario, i suoi problemi interni. E questi sono giorni decisivi, perché nessuno vuol restare escluso e nessuno vuole essere messo in secondo piano. Soprattutto chi le elezioni è convinto di vincerlo e chi sente di avere in canna l’onore e onere di governare il Paese.
Ci riferiamo, qualora non l’aveste capito, al centrodestra. Perché, andando a ritroso, chi ha staccato la spina a Draghi, e se n’è dovuto prendere la responsabilità, è soprattutto lì, ma non solo e sicuramente, perché i “colpevoli” sono anche altrove e non c’è da fare i nomi. Ma è un dato di fatto ormai acclarato che il 25 settembre si andrà alle urne per decidere chi governerà l’Italia e non si tratta comunque di una decisione semplice per gli elettori.
Non tanto per il caldo torrido, che al Nord sta scemando e che comunque per quella data cerchiata in rosso dovrebbe affievolirsi (speriamo), ma perché ancora bisogna capire bene chi rappresenterà, da chi farsi rappresentare e con quali coalizioni. Iniziamo il tram tram di mappe, contatti e confronti, riassumendoli e partendo dal centrodestra.
Infatti, se le gerarchie sembravano scontate da quel lato della medaglia, così affatto non è. I sondaggi vedono una Giorgia Meloni, e quindi Fratelli d’Italia, sempre più in corsia di sorpasso e in rialzo costante. Ma dalla stessa parte c’è anche un Matteo Salvini – e quindi la Lega – che dopo anni era riuscito a ottenere la leadership di un’intera ala e che ora non vuole proprio mollarla. E, inoltre, proprio negli ultimi giorni ha detto a petto in fuori che sarà il suo il primo partito, anche a dispetto della stessa Meloni. Senza sottovalutare Silvio Berlusconi e quanto sta succedendo all’interno di Forza Italia.
La scelta di staccare la spina a Draghi e al suo governo ha fatto saltare diverse teste e poltrone. Una carneficina che comunque non è gratis e che ha portato a una sorta di implosione, guerra interna o chiamatela come volete, proprio all’interno di Fi. Se diversi pezzi grossi come Maria Stella Gelmini (che era al fianco di Berlusconi dal 1998), Renato Brunetta e ora anche Mara Carfagna, dopo una decisione per nulla scontata, hanno deciso di lasciare Forza Italia, il motivo c’è ed è bello grosso. Senza tornare indietro a sottolineare quale sia. E proprio su questo ora dobbiamo concentrarci per capire cosa ci aspetta, senza pop corn nel piatto e con un po’ di sudore per la fronte.
La corsa per il premier infiamma la destra e l’intera politica
Il 25 settembre, dunque. E non si può più tornare indietro. Draghi continua a lavorare, e a testa bassa, ma ci sono anche altri che, al di là di Parlamento e questioni annesse, pensano soprattutto a come arrivarci e a trarne il massimo, che una campagna elettorale del genere e in piena estate non è facile da montare e poi capire, come è impossibile trarne i contorni. Almeno per il momento.
Tutti vogliono ambire a diventare premier nel centrodestra, con la sensazione che comunque si governerà stavolta e per qualche anno. C’è scritto “tutti”, ma in realtà lotte interne e ambizioni sono ormai un duello: Giorgia Meloni contro Matteo Salvini. E ciò avviene in un’ala, quella di destra, in cui si è sempre rivendicata unità e una corriera comune contro gli sbalzi di umore, i confronti accesi e le separazioni di sinistra.
E comunque il tutto potrebbe anche risolversi nelle prossime ore, per poi rigare dritto e con una linea comune alle spalle fino al 25 settembre. Infatti, il nodo della questione è essenzialmente uno: chi sarà il nuovo premier, in caso di vittoria della destra? Oggi è previsto un vertice nel centrodestra per sciogliere questo dubbio e chissà per trovare un accordo sulla questione. E tenendo conto degli ultimi sondaggi che comunque danno Fratelli d’Italia al 25% dei consensi e una Lega al ribasso. Vedremo cosa ne sarà, dunque, e come Berlusconi riuscirà a placare un’emorragia interna che non si è ancora cicatrizzata, e che comunque fa male.
Se a destra hanno i loro pensieri, non si può dire che a sinistra le acque non siano agitate, anzi. Infatti, il grido comune negli ultimi giorni è “mai insieme a chi ha staccato la spina al governo”. E, in tal senso, il riferimento al MoVimento 5 Stelle è più che chiaro. Oggi, però, una piccola sterzata è arrivata da Enrico Letta, e quindi non un nome a caso. Il diktat è quello di puntare sulla lista del Pd, ma “con questa legge elettorale alcune alleanze sono obbligatorie“. E altre nube sul tavolo dei confronti e delle trattative.
Mentre Carlo Calenda questa posizione non ha alcuna intenzione di perderla per strada: “Mai con chi ha fatto cadere Draghi”. E vedremo se sarà premiato. Anche i pentastellati non se la passano proprio benissimo, con i dati a picco nei sondaggi rispetto a qualche mese fa e comunque con il problema dei due mandati ancora sul tavolo, e che comunque non sarà facile aggirare. Che le parole non si rimangiano e alla fine bisogna anche dare conto a se stessi, anche se si parla di politica.
Insomma, se il nodo nel centrodestra è essenzialmente quello che riguarda la premiership, a sinistra e soprattutto al centro ancora di cose potrebbero succederne. E proprio se si guarda nel mezzo, la situazione è vibrante e con possibili evoluzioni dietro l’angolo. Matteo Renzi, infatti, ha dichiarato di voler correre da solo, anche se potrebbe significare avere come massima ambizione il 5%. E anche rischiare grosso, ma comunque di tempo ce n’è, affinché le cose cambino.
Toccherà capire quale ruolo giocherà in questa vicenda lo stesso Draghi, da premier caduto e uscente. Una personalità come lui, riconosciuta e apprezzata a livello mondiale, di certo quando parla deve essere ascoltata. Fino a ora, ha reagito agli ultimi scomodi avvenimenti politici con la personalità dei grandi, con quell’atteggiamento del testa bassa e lavorare che è sinonimo di senso di responsabilità per il Paese e per il futuro dell’Italia.
Un endorsement che, quindi, vorrebbe dire tanto per un centro, ma che, a quel punto, dovrebbe anche strizzare un po’ l’occhio a sinistra, visto l’aiuto e il supporto che il Partito democratico ha dato alla sua azione di governo. E, insomma, a meno che alla fine non ci sia un ingresso in campo dello stesso Draghi (e così non pare), il nodo non è semplice da sciogliere, anche in questo caso. Staremo a vedere, ma intanto il focus oggi è tutto sul centrodestra e sul nome del nuovo premier. In una corsa a due ormai chiara e potrebbe condurre direttamente al governo del Paese, dal 25 settembre in poi. Se ci pensate, non manca poi tanto, anzi, e nessuno se l’aspettava.