Un’altra giornata campale in Senato, oggi. Dopo la bocciatura del governo Draghi di una settimana fa, dall’aula di Palazzo Madama arriva il no all’introduzione del “linguaggio inclusivo” del Regolamento come proposto da un emendamento della senatrice dei Cinque stelle Alessandra Maiorino. La votazione, avvenuta a scrutinio segreto per volontà di Fratelli d’Italia, non riesce a superare lo scoglio della maggioranza assoluta, fermandosi a 152 sì
Proteste nel Partito Democratico e nel MoVimento, che hanno anche richiesto che venisse fatta una seconda votazione. A questo si è opposta anche la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Linguaggio inclusivo nei regolamenti del Senato, l’aula non raggiunge la maggioranza
Come una settimana fa, il famosissimo 20 luglio 2022 che ha sancito (ma non ufficialmente) la caduta del governo presieduto dal banchiere centrale Mario Draghi, il Senato torna a essere teatro di scontri, e senza esclusione di colpi.
Quanto accaduto oggi, che niente ha a che fare con l’esecutivo che ancora rimane in carica per il disbrigo degli affari correnti, potrebbe, però, essere il preludio a quanto avverrà nella prossima legislatura, con Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia che potrebbero conquistare più scranni degli altri in Parlamento e quindi fare la voce grossa.
Non è quindi nel merito della questione che il voto di oggi sul Regolamento ha fatto vacillare la ormai sepolta maggioranza, quanto perché a proporre lo scrutinio segreto per l’emendamento da inserire sia stata la compagine guidata dall’ex candidata sindaca di Roma ed ex ministra della Gioventù.
Veniamo ai fatti. La senatrice del M5S Alessandra Maiorino ha proposto una postilla che prevedeva che “nella comunicazione istituzionale e nell’attività dell’amministrazione sia assicurato il rispetto della distinzione di genere nel linguaggio attraverso l’adozione di formule e terminologie che prevedano la presenza di ambedue i generi attraverso le relative distinzioni morfologiche, ovvero evitando l’utilizzo di un unico genere nell’identificazione di funzioni e ruoli, nel rispetto del principio della parità tra uomini e donne“. L’emendamento era appoggiato anche dal Partito Democratico.
Lo scrutinio segreto, però, è stato fatale perché, con “soli” 152 sì, la proposta avanzata non è riuscita a superare lo scoglio della maggioranza assoluta, arenandosi. Anche se un ultimo tentativo di soccorso è stato fatto quando si è chiesto al presidente(ssa) del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, di ripetere la votazione.
“A me sembrano tutte considerazioni pretestuose – ha detto la forzista tagliando corto -. Bisogna accettare che in Parlamento non si rifà la votazione perché il risultato non piace. È una cosa inaccettabile“. E quindi niente, o tutto perché dagli esponenti di Pd e MoVimento 5 Stelle è divampata una protesta che si è spostata dai banchi dell’aula di Palazzo Madama a Twitter.
No all’emendamento sulla parità di genere, le reazioni delle politiche dei Cinque Stelle e del Pd
I primi a fare sentire il disappunto su quanto successo oggi sono i parlamentari, uomini e donne, del movimento guidato da Giuseppe Conte. “Al Senato oggi si è persa una grande occasione per rendere inclusivo e paritario il linguaggio istituzionale“, hanno scritto in una nota.
“Fratelli d’Italia ha ritenuto l’emendamento di Maiorino una ‘questione etica e di coscienza’“, ma non è questo il punto, hanno precisato, perché l’attacco arriva dritto a chi non ha votato affinché passasse, tacciandolo di misoginia: “Una vergogna a cui si dovrà porre rimedio nella prossima legislatura“, hanno concluso.
Chi non è affatto sicuro che avverrà è la senatrice del Pd Monica Cirinnà, responsabile dei Diritti. In un tweet, la democratica ha detto: “Se questo è l’anticipo del nuovo Parlamento, abbiamo un motivo in più per lottare con forza. La nostra Italia crede nell’eguaglianza“.
Respinto ora #27luglio con voto segreto l’emendamento per introdurre nel Regolamento del #Senato la parità di genere nel linguaggio ufficiale. Se questo è l’anticipo del nuovo Parlamento, abbiamo un motivo in più per lottare con forza. La nostra Italia crede nell’eguaglianza
— Monica Cirinnà (@MonicaCirinna) July 27, 2022
Attacco piuttosto simile arriva anche da altre due esponenti del partito guidato da Enrico Letta: Simona Malpezzi, capogruppo al Senato, e Anna Rossomando, hanno marcato una netta differenza tra loro, inteso come destra, e il Pd. “Questa è la destra che vuole governare il nostro paese: le donne non esistono neanche nel linguaggio“, ha twittato la prima, mentre la seconda ha parlato di oscurantismo, chiedendo agli italiani da quale parte vogliono stare.
La destra chiede il voto segreto per affossare l’emendamento per introdurre nel Regolamento del Senato la parità di genere nel linguaggio ufficiale. Questa è la destra reazionaria che vuole guidare il Paese: per loro le donne non esistono neanche nel linguaggio.
— Simona Malpezzi (@SimonaMalpezzi) July 27, 2022
Al #Senato la destra affossa l’emendamento per introdurre nel regolamento la parità di genere nel linguaggio ufficiale. È evidente che di parità di genere non ne vogliono sentire neanche parlare. O con il loro oscurantismo o con noi. La scelta è tutta qui.
— Anna Rossomando (@RossomandoPd) July 27, 2022
Ha commentato l’episodio anche la ministra alle Pari opportunità, Elena Bonetti. La matematica di Italia Viva ha ribadito come “realizzare la parità tra donne e uomini sia creare sviluppo, crescita, democrazia. È stato ed è l’impegno del presidente Draghi e del governo“. Insomma un’occasione persa, come l’ha definita, a parole sue, anche Laura Boldrini.
L’ex presidente della Camera dei deputati, che anche nel suo profilo si definisce una “femminista nata“, si è rivolta direttamente a Giorgia Meloni e al suo partito: “Oggi un altro colpo basso inferto alle donne: mettere al bando l’uso del genere femminile quando si tratta di ruoli apicali, vuol dire fare una ulteriore discriminazione ai danni delle donne“. E su Twitter ha parlato, anche lei, di oscurantismo.
La destra al Senato boccia l’introduzione del femminile per i ruoli istituzionali delle donne, altra forma di discriminazione.
Le donne non devono cambiare genere quando rivestono ruoli apicali. Il neutro, dice la Crusca, non esiste.
ll #25settembre diciamo no all’oscurantismo
— Laura Boldrini (@lauraboldrini) July 27, 2022
L’ultima politica, ma non per importanza, a intervenire e condannare quanto successo oggi a Palazzo Madama è un’altra senatrice del partito di Letta Valeria Valente. La presidente della commissione femminicidio ha prima definito quanto accaduto gravissimo, poi ha puntato il dito contro FdI e la destra: “I nodi vengono al pettine – ha dichiarato -. Il linguaggio è un fattore fondamentale di parità. Il ruolo declinato al maschile non è neutro, è semplicemente maschile e nega la differenza“. “Negare questo passo di civiltà e di progresso a una delle più importanti istituzioni del paese racconta molto dei rischi che una cultura reazionaria può innescare“, ha concluso.
E noi ci chiediamo: Meloni non si sente discriminata e il suo ruolo non è in discussione proprio perché donna?