Sarà un’estate caldissima per l’Italia. Un’estate che vuol dire anche e soprattutto caduta del governo e, quindi, elezioni. Ma la strada non è liscia per i partiti e le forze in campo. Parliamo di Matteo Salvini, ma anche Giuseppe Conte ed Enrico Letta. Le colpe si scaricano e la situazione non cambia: ognuno ha il suo bel da fare.
Sono giorni intensi per capire il futuro della politica italiana e del governo. Ogni schieramento è alle prese con contese interne ed esterne, poi anche le alleanze e il nuovo premier. Anche le ultime ore sono state particolarmente turbolente, sia per Matteo Salvini che per il Partito democratico di Enrico Letta e anche il MoVimento 5 Stelle di Giuseppe Conte.
L’accusa a Salvini (subito rigettata) di rapporti con la Russia: nuovo polverone
Il dito è sempre puntato e se alla fine sono tanti rischia di sembrare più un gioco estivo che la politica italiana. E comunque questa corsa alle colpe e alle accuse prima o poi dovrà finire, che non c’è solo una ragione e un torto, ma il futuro di milioni di italiani in ballo.
E il 25 settembre è la data cerchiata in rosso per l’intera nazione, quella delle urne e in cui alla fine ci sarà un primo partito e non solo. Chi entrerà in Parlamento e chi non ce la farà, per la famosa soglia. E poi ci saranno i secondi e i terzi posti, ma suoneranno comunque come delle sconfitte. E probabilmente come un ko che fa rima con “opposizione“. Che per alcuni era una posizione anche piuttosto comoda nel recente passato, ma questa è un’altra storia e un altro ring. E comunque questo è solo un lato della medaglia, quello che riguarda prevalentemente il centrodestra. Ma poi c’è anche Giuseppe Conte, con i suoi di problemi sul tavolo, e ve ne parleremo tra poco.
Infatti, le ultime ore sono state cruciali per definire quale sarà la strategia della coalizione. Un lato che si basa soprattutto su un duello interno, quello tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. E forse possiamo usare già il tempo passato, perché un accordo sembra esserci e non è per nulla scorretto per l’una o per l’altra parte.
Meloni ha portato avanti una scalata trionfale (ma che ancora la fine non l’ha vista e senza gridare alla vittoria), rigorosamente all’opposizione, negli ultimi tempi. Fratelli d’Italia nei sondaggi è al 25%, percentuale che dà alla sua leader una forza tale da poter rivendicare e ambire a petto in fuori a essere la frontgirl dell’intera coalizione e, quindi, la possibile futura premier del Paese. E non è poco, anzi, è tutta la torta.
Al suo fianco, ma con le dovute distanze e interessi di parte, c’è comunque Salvini e la Lega. Che la guardia non l’ha mai abbassata. Anche se in cima al centrodestra ci è arrivato a suon di consensi e spallate, ora il bilancino elettorale lo dà in ribasso (almeno nei sondaggi). Ma lui riga dritto e afferma senza dubbi di essere ancora lui il primo partito. E la ragione, a detta degli esperti, non è la sua. Che non se ne può fare una questione della parola di qualcuno contro quella di qualcun altro, che poi c’è l’oggettività.
E alla fine l’accordo pare essere arrivato, con la soddisfazione già sbandierata dalla Meloni (che dalla sua, lo ribadiamo, ha i numeri), per risolvere una questione che sembrava intricata, ma comunque non da stracci per aria. Sulla premiership, infatti, dobbiamo registrare un’intesa cotta a fuoco lento, e senza sbuffi in sottofondo che se no non viene buono e guai a presentarlo ai commensali, che in questo caso sono gli elettori.
E comunque badiamo alla sostanza e facciamo il punto. Il numero di collegi e la designazione del premier saranno distribuiti e scelti in base a chi prenderà più voti. A comandare saranno i numeri, non le supposizioni, e quindi anche la legge della giustizia. Semplice, ma probabilmente corretto. E senza che nessuno possa lamentarsi. Che neanche i bambini viziati potranno sbraitare, gettarsi in terra o imbrogliare quando le cose si mettono male. E senza accordi sotto la sedia.
Ma neanche il tempo di un respiro un po’ più profondo che Salvini ha già un altro terremoto da cui ripararsi. Infatti, un articolo pubblicato da “La Stampa” riferisce rapporti tra la Lega, la Russia e la caduta del governo italiano.
E chiariamo l’ipotesi: il Cremlino ha guardato con grande interesse alla situazione nel nostro Paese, nell’ottica di una sua destabilizzazione. Si parla addirittura di presunti contatti tra un uomo di Salvini, Antonio Capuano, e cioè il consigliere per i rapporti internazionale del numero uno leghista, con Oleg Kostyukov. Nome che a primo acchito non vi dirà nulla, ma si tratta di un importante funzionario dell’ambasciata russa in Italia.
La Lega ovviamente smentisce seccamente, ma intorno la polvere è già salita al cielo. Per quello che oggi vuol dire la Russia nel mondo e perché strizzare l’occhio a Vladimir Putin e a chi gli sta attorno è atto gravissimo, soprattutto per le posizioni assunte dall’Italia e da Mario Draghi.
Gli altri partiti, Letta e il Pd in primis, si sono subito scatenati e hanno chiesto al leader della Lega di chiarire queste posizioni. I toni più duri sono arrivati proprio da Pd e Italia Viva che hanno parlato di “informativa urgente”. Non basta così, dunque. E a meno di due mesi dalle elezioni (anche se Salvini dice che sono “fesserie”) comunque è una grana di soluzione non facile.
La destra ha i suoi problemi, ma Pd e MoVimento 5 Stelle continuano a scontrarsi
La destra, quindi, non può esultare, tra i dissidi che hanno portato a dolorose separazioni all’interno di Forza Italia (e una menzione per Maria Stella Gelmini, Renato Brunetta e Mara Carfagna è doverosa) e gli ostacoli che il leader della Lega ha ancora sulla sua strada. Lì non molla nessuno, ma con Giorgia Meloni che ora è saldamente in pole position per vincere gran premio e campionato, ma che ancora di giri da correre ne ha tanti, troppi, prima della bandiera a scacchi e lo spumante versato a fiumi. Da gavettoni da ultimo giorno del liceo e l’ansia della maturità che si avvicina. Che in questo caso è la premiership.
Cambiando sponda del naviglio, però, c’è ancora aria di cantiere aperto. Le urla si sentono scandite e a chiare lettere: “No a chi ha staccato la spina al governo Draghi”. E il riferimento al MoVimento 5 Stelle di Giuseppe Conte è evidente.
Il leader dei pentastellati ha tuonato in un’intervista a “Tpi”: “Il colpo di pistola per l’inizio della crisi è partito dal Pd“. E poi aggiunge sul possibile riproporsi dell’alleanza: “Solo se si schiererà dalla parte dei deboli”. Che è comunque uno spiraglio rispetto alle linee guida chiuse e, per certi versi rancorose, arrivate nell’ultimo periodo. Un periodo di turbolenza, quella che di solito precede gli assestamenti.
Ma aperture da Carlo Calenda soprattutto, poi Matteo Renzi e neanche dal Partito democratico, ce ne sono state, non di concrete. E comunque l’agenda resta tutta da scrivere. Poi c’è da tenere in considerazione anche una legge elettorale fatta a posta per eleggere il Parlamento, come è giusto che sia, ma che è anche l’anticamera di alleanze e coalizioni tenute in piedi con colla scadente, buoni propositi disattesi (alla lunga) e una ventata di instabilità. Come una pallina che regge un bicchiere di plastica: prima o poi è destinato a cadere, anche se dentro c’è un contenuto prezioso e di cui vantarsi come Mario Draghi. E, quindi, non abbiamo la sfera di cristallo per decretare quale sarà il finale, ma possiamo comunque solo raccontarvi l’attualità delle cose. Da una parte o dall’altra che sia.
Inoltre, nel turbinio di non detti e di dichiarazioni al vetriolo, non resta che analizzare la situazione all’interno del MoVimento 5 Stelle. Loro che alle ultime elezioni ci sono arrivati da colossi e da piazze piene e urlanti, ma che ora rischiano una grossa emorragia di consensi. Che, sempre secondo i sondaggi elettorali, è già avvenuta.
Ma poi c’è un problema per i pentastellati che è forma, ma anche sostanza, e che riguarda il terzo mandato. Se ne sta parlando ormai da alcune settimane e senza che ci sia una fumata bianca o quella nera, e quindi definitiva. Tanto che, nelle ultime ore, si è parlato di aut aut da parte di Beppe Grillo sulla questione, ma anche in questo caso a smentire è stato Conte. E si sa, se da quelle parti parla lui le direzioni cambiano e i mari si agitano o calmano all’improvviso. Con conseguenze dirette sui naviganti.
Intanto, il pressing all’interno del MoVimento è crescente e questo è un dato di fatto che potrebbe cambiare la vita di tanti parlamentari e il destino, in un certo senso, del Paese. Ma l’ex premier non è fermato qui. Sì, perché Conte, stuzzicato su una possibile vittoria netta da parte del centrodestra ha affermato: “Non mi lascia affatto indifferente”, per poi indicare le politiche giuste per contrastarli quelli del centrodestra. E anche in questo caso, una frecciata al Partito democratico è più che chiara.
Insomma, il ring della politica è ancora ai primi round in vista delle elezioni, ma ad oggi Meloni gode sicuramente di sogni più ambiziosi, tranquilli e rigeneranti, rispetto agli avversari e ai bracci destri politici. Ed è un ulteriore indizio su come tutto potrebbe finire. Ma le curve sono tante e pericolose e la politica ci ha già abituato a sorpassi improvvisi e colpi di scena vicino al traguardo. Ma noi resteremo comunque qui a commentarli e raccontarli per voi, dal prossimo terremoto alle bandiere a scacchi del 25 settembre.