Come promesso pochi giorni fa, il MoVimento 5 stelle ha scelto di non derogare alla regola dei due mandati (e quindi molti esponenti illustri non verranno ricandidati). L’ha detto, ieri, il capo politico, Giuseppe Conte, che oggi, in un’intervista al Fatto Quotidiano, ha ribadito che non è stato Beppe Grillo, alias il fondatore, a decidere
Intanto il comico genovese ha sparato a zero su chi ha lasciato il partito – per ultimi Federico D’Incà e Davide Crippa -: “Gli zombie ci hanno contagiato, ma alla fine noi vinceremo”.
Conte: “Non è stato Grillo a decidere sulla regola del doppio mandato”
Mentre i sondaggi continuano a registrare una caduta libera del MoVimento 5 stelle – ora fermo appena sopra il 10% -, alcune tessere del puzzle iniziano a tornare al loro posto. Ultima, ma non per importanza, la decisione di non derogare alla regola del doppio mandato. E quindi: tutti i politici pentastellati dopo due legislature non potranno più essere candidati sotto il nome del partito.
A farne le spese saranno diversi, tanti personaggi illustri che hanno animato le aule di Montecitorio e di Palazzo Madama, e qualcuno anche dei vari ministeri della Capitale. Roberto Fico, per esempio, ma anche Danilo Toninelli, Alfonso Bonafede, Paola Taverna.
La decisione è arrivata ieri, e non certamente come un fulmine a ciel sereno. Perché appena una settimana fa, lo stesso fondatore del MoVimento, il comico genovese Beppe Grillo, aveva espresso la sua opinione sull’argomento. Non solo il vincolo del doppio mandato doveva rimanere per il partito, ma addirittura doveva essere messo per tutti: pentastellati e non.
A quanto, però, ha affermato l’attuale capo politico dei Cinque Stelle, l’”Avvocato del popolo” Giuseppe Conte, già presidente del Consiglio del governo gialloverde (quello con la Lega di Matteo Salvini) e poi dell’esperienza con il Partito Democratico, la scelta di non ricandidare chi già era stato eletto per due legislature non è arrivata per opera di Grillo.
In un’intervista al Fatto Quotidiano firmata da Luca De Carolis, Conte ha precisato che “Grillo ha sempre espresso la sua opinione, consapevole che la decisione sulla votazione o meno degli iscritti aspettava a me. Abbiamo sempre ragionato assieme anche su eventuali deroghe alla regola per salvaguardare l’esperienza di alcuni portavoce”.
Eppure, soltanto qualche giorno fa il numero uno del movimento aveva aperto a qualche spiraglio, e invece no perché “non sarebbe stato serio ridiscutere la regola in prossimità del voto – ha spiegato ancora, chiarendo anche un altro nodo cruciale -. E poi la deroga solo per alcuni rischiava di innescare una logica di ‘fedelissimi di Conte’, mentre io voglio solo fedelissimi del M5S”.
Fedelissimi che non sono più (neanche) Federico D’Incà e Davide Crippa. Il bellunese, ministro per i Rapporti con il Parlamento e le riforme dei governi Conte 2 e Draghi, era già al secondo mandato tra le aule romane, ma non è per questo che ha deciso di lasciare Grillo e i suoi.
L’ex deputato pentastellato nel suo annuncio ha spiegato che, dopo una lunga riflessione, doveva prendere atto “delle insanabili divergenze tra il mio percorso e quello assunto nelle ultime settimane dal MoVimento 5 stelle”. Anche questo, a dire del ministro, non è un fulmine a ciel sereno, anzi. Lui, ha detto ancora, “avevo spiegato nelle sedi opportune e anche pubblicamente i rischi ai quali avremmo esposto il Paese in caso di un non voto di fiducia nei confronti del governo Draghi”. E in effetti, D’Incà aveva provato fino all’ultimo a convincere i parlamentari a rinnovare la fiducia nei confronti dell’ex presidente della Banca centrale europea: non è detta così.
Lo stesso discorso che ha fatto anche l’ex capogruppo alla Camera dei Cinque Stelle – anche lui al secondo mandato in Parlamento, ma è solo un caso. “Dopo ormai 14 anni di attivismo politico mi vedo costretto a lasciare il MoVimento”, ha iniziato su Facebook spiegando poi che la goccia che ha fatto traboccare il vaso, anche per lui, è stata quella della non fiducia all’esecutivo.
Grillo: “Gli zombie ci hanno contagiato, ma alla fine vinceremo”
Per uno strano scherzo del destino, o magari semplicemente perché dal 2018 i fuoriusciti dal MoVimento sono davvero tanti, poco prima era arrivato anche un messaggio di Grillo, sul suo blog. Nessuna parola su quanto dichiarato da Conte al giornale di Marco Travaglio, quanto piuttosto un continuare a tracciare una netta linea di demarcazione tra chi è con lui e chi non lo è.
Poche righe dense di significato, però – e come sempre. “Sapevamo fin dall’inizio di dover combattere contro zombie che avrebbero fatto di tutto per sconfiggerci o, ancora peggio, contagiarci. E così è stato: alcuni di noi sono caduti, molti sono stati contagiati. Ma siamo ancora qui, e alla fine vinceremo”, ha scritto.
“Compiangiamo chi di noi è caduto e non ha resistito al contagio. Ma soprattutto ringraziamo chi di noi ha combattuto e combatte ancora.“
E tra quelli che lo faranno dovranno misurarsi ancora una volta con il voto popolare perché il progetto politico e sociale “deve andare avanti, per impedire che la politica italiana precipiti verso lo smantellamento delle principali misure messe in campo del MoVimento 5 Stelle”, si legge sul sito del partito di Conte. Avanti, insieme, insomma.